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Appunti su Baśśār b. Burd

Published online by Cambridge University Press:  24 December 2009

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Una recente silloge di versioni da poeti ‘abbāsidi, corredata di introduzioni critiche e di aneddoti storico-letterarī, si apre con un ampio capitolo dedicate a Baśśār b. Burd. Dopo sommari cenni biografici, e un elenco delle varianti testuali fra le citazioni dell’ Aġānī e altre fonti (principalmente un ms. di Monaco), l'autore esamina in primo luogo il valore poetico di Baśśār, poi le sue idee politiche e inline quelle religiose, in relazione sopratutto all'accusa di zandaqah, illustrando il tutto con saggi di versioni dalle poesie superstiti.

Type
Research Article
Copyright
Copyright © School of Oriental and African Studies, University of London 1937

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References

page 151 note 1 Mons. Matteo, Ignazio Di, La poesia araba nel I secolo degli Abbasidi, Palermo 1935, Grafiche G. Castiglia, pp. 491Google Scholar (Baśśār b. Burd = pp. 9–124). II volume, litografato in edizione privata, non e facilmente accessible; una copia ne possiede, per diritto di stampa, la biblioteca Vittorio Emanuele in Roma.

page 151 note 2 Raccolgo qui solo qualche osservazione, da saltuari confronti col testo. La prima citazione del libro, p. 10, sembra fraintendere un emistichio in ciascuno dei due versi tradotti: Aġ. iii, 705, non vuol dire “per lui lo scettro e un trastullo” ma “si diverte con la pania (per gli uccelli) e il bastone del polo”, e al verso seguente non è ”occulti un Mosé tra i giunchi”, ma ”faccia sorgere un Mosè (liberatore) nel grembo (lett. vagina) di al- Hayzurān”, la moglie del califfo al-Mahdī qui satireggiato (a complemento del-, in cui vi ` certo anche gioco di parole sul signifieato di si deve ricordare che il figlio primogenito di al-Mabdī e al-Hayzurān, il futuro al-Hādī, ebbe nome appunto Mūsà); a p. 13 di Ag. iii, 7226, va letto fī yaday Mālikin“ nelle mani dell' (angelo infernale) Mālik” (cfr. Cor. xliii, 77), non gia „del Dominatore”; di Ag. iii, 2623, va letto ṭayfun alamm, non ṭayfu alam, e quindi tradotto non „lo spettro del dolore” p. 30, ma „un fantasma venuto a visitar (mi)”; sempre a p. 30, nei versicoli di Aġ. iii, 26, sui due Suhayl (che a p. 51 diventano i due Sahīl), non significa „generoso di dolore”, ma è uguale a un e non occorre allora certo più sottolineare come fa l'A. in nota „il tono ironico e sarcastico dei due versi”; Aġ. iii, 4415, non è „ il cibo ” (ṭu'm) p. 64, ma „ il gusto, il sapore ”, (ṭu'm) del donare; Ag. iii, 2911, più che „con violenza palese” p. 82, è „ con i morsi scoperti”, digrignando cioé i denti, secondo la immagine dei cavalli infuriati; Ag. iii, 2927, non è „ il divampar della guerra,, p. 83, ma „le punte, le spade della guerra ” (plur. di śabāt); il verso di ‘Amr b. Kultüm (Ag. iii, 61 = Mu‘allaqah 6) non si deve intendere „ciò che costituisce la cattiveria dei tre … si trova nel tuo amico ecc.” p. 99, ma „ non è il peggiore dei tre, o Umm 'Amr, l'amico tuo ecc.,,, cioe vale quanto gli altri, va messo sullo stesso piano degli altri. Nell'aneddoto di Ag. iii, 42 sul pellegrinaggio di Bassar e Sa'd b. al-Qa'qa' interrotto ad az-Zurarah, non e questione, come intende l'A., p. 102, di „ un cammello e una cammella”, a cui poi, non si sa perche, si voglia tagliaré la testa, ma d'un cammello e di una doppia lettiga da viaggio (maḥmil), e le teste che si radono (ǵazza), non tagliano, sono quelle dei due zindīq, che si vogliono far credere reduci dal pellegrinaggio, di fresco usciti dallo stato di iḤirām.

È; poi da notare, prescindendo dalle numerose inesattezze di trascrizione dovute alia litografia, una quantità di forme sbagliate nel rendere nomi arabi, strana in chi pure ha affrontato l'interpretazione di non facili testi: Abū p. 9, p. 11, Aḥmad Ḥasanīn p. 26, Abū Ḥalf p. 58, la Hulbat al-Kumayt p. Ill, ‘Alaykar (‘Allgarh) p. 113, i Zanādaqah tre volte p. 100, ar-Ribriqān p. 123 ecc.

page 152 note 1 Ag. iii, 43.

page 152 note 2 Ag. iii, 57–58. Per Sulayman b. Hiśām, v. in particolare Sibṭ b. al-Ġawzi, Mir’āt az-zamān, ms. Brit. Mus. Add. 23277 fol. 206 v. Fu fatto uccidere da as-Saffāḥ verso il 750, terminus ante quern delle relative poesie di Baśśār.

page 152 note 3 Di Matteo, p. 61, con poeo precisa caratterizzazione del personaggio, come in generate dell'ambiente storico relativo: cosí altrove Sulaymān b. Hiśām è nominato come un non meglio identificabile “Sulaymān” p. 55, mentre Hisam stesso diventa Hiśām b. ‘Abdallāh p. 95, e coerentemente anche ‘Abd al-Malik è cambiato nel “caliifo” ‘Abdallāh b. Marwān” p. 336–37. Puro lapsus calami deve essere poi l'aver fatto finire la dinastia' omayyade (p. 79) nel 744.

page 152 note 4 cfr.Gabrieli, F., II Califfato di Hiśālm, Alessandria 1935, p. 11.Google Scholar

page 152 note 5 Su di lui orienta Zetterstéen, K. V., in Encycl. de l'Islām, ii, 411–12.Google Scholar

page 153 note 1 Ag. iii, 4817 segg. È falsa la lettura e interpretazione del secondo verso presso Ahmad Ḥasanayn al-Qarnī, Baśśār b. Burd Cairo 1925, p. 100; questa compilazione ricea di arbitri e spropositi è da usare con molta cautela (si vegga p. es. in nota a questo stesso passo ad-Daḥḥāk b. Qays divenuto ad-Daḥḥāk b. Muzāḥim, e a p. 33 Sulaymān b. Hiśām trasformato in Sulaymān b. Abd al-Malik!).

page 153 note 2 Ṭab, 2a s., iii, 1913, 1915–16. Come è noto, aḍ-Ḍaḥḥāk fu definitivamente disfatto a Kafartūtā da Marwān II in persona. Ma Yazīd Ibn Hubayrah iniziò le operazioni battendo i Hārigiti a Ġazzah presso ‘Ayn at-Tamr, occupando Kūfah e marciando dilì su .

page 153 note 3 Aġ, iii, 70.

page 153 note 4 Baśśār e al-Manṣūr Ag. iii, 39, B. e Hālid b. Barmak ibid. 36.

page 154 note 1 Ambedue i passi in Ag. iii, 35.

page 154 note 2 al-Bagdādī, Farq 39, Ag. iii, 24, 61.

page 154 note 3 Ag. iii, 62. I versi vengono talvolta interpretati come una professione di dottrine ǵabrite (p. es. al-Qarnī, op. cit., p. 33); ma il ripetuto accenno al ‘ilm muqaśśir mostra in essi una punta di sconfortato scetticismo gnoseologico che trascende l'ambito del ǵabr.

page 155 note 1 Ibn Qutaybah, Śi4r, 476.

page 155 note 2 Ṭāhā Ḥusayn, Ḥadīƫ al-arba‘ā’, i, 261.

page 155 note 3 cfr. Ritter, in Der Islam, xviii, 34.

page 156 note 1 A parte l'erronea interpretazione che il Di Matteo dà, come abbiamo aceennato, di questo verso, val la pena di notare ehe in buon arabo non può voler dire che “il peggiore dei tre” (e così infatti traduce il Nöldeke, Fünf Mo’attaqāt, i, 24 “der sehlechtere der drei”): eppure il commento al verso di az-Zawzanī, Śarḥ al-Mu‘allaqat as-sab‘ ed. Cairo 1315 èg., p. 105, e il valore della citazione in bocca a Baśśar (che applica come è evidente il “tre” ad Abū Bekr, ‘Omar ‘Oṯmān rispetto ad ‘Ali) mostrano di volere intendere “peggiore dei tre” come se fosse con un totale insomma di quattro termini di paragone.

page 156 note 2 Su guesto punio è però caduto in ahbaglio il Di Matteo (p. 60), riferendo i tre versi di Ag. 2124_26 come in lode dei Banū ‘Uqayl. L'Aġānī dice anzi chiaramente che con essi Baśśār e il non pu` quindi essere a mio avviso altri che Dio, contrapposto ai caduchi patroni di questa terra. L'intonazione dei versi é insieme pietistica e antiaraba.

page 157 note 1 La nostra conoscenza dell'opera di Baśśar si è di recente accresciuta con la edizione dello Iḫtiyār al-Ḫālidiyyayn col commento di Abū ṭ-Tāhir at-Tuǵībī al- Barqī, curata da M. Badraddin, ‘Alīgarh 1934. II Di Matteo la cita, ma non sembra la abbia utilizzata nel suo lavoro. Del resto, ai fini di una caratteristica della poesia di Baśśār, essa non presenta novita rispetto a quel che gia si poteva desumere dall’ Aġānī. Ma è interessante la notizia, già accennata da Ṭāhā Ḥusayn e che ora conferma il Krenkow (JRAS., 1936, p. 264) dell'esistenza di un intero divano di Baśśār in proprietà privata a Tunisi, di cui si progetterebbe la pubblicazione.Google Scholar

page 157 note 2 Mi permetto a questo proposito rimandare a quanto varî anni fa ebbi già occasione di scrivere, a proposito di al-Mutanabbī (OSAI. n.s., ii, pp. 13), circa il valore da dare al giudizio dei dotti e letterati arabi sui loro poeti: giudizio che, per certi rispetti, non è a priori da rigettare, ma ehe non deve essere affatto normativo e impegnativo di fronte a noi, perché troppo spesso dettato da preconcetti extraestetici (filologici e retorici) o da una poetica ingenua o inconsistente. Non è con la poetica di o che va giudicato Baśśār, ma con quella stessa, buona o cattiva che si voglia, con cui oggi noi giudichiamo Omero e Dante, Catullo e Di fronte al metodo del giudizio artistico, non solo licet, ma oportet parva componere magnis, sotto i più diversi soli. Dopo ciò, è superfluo esprimere il nostro pensiero sul peso che il Di Matteo (p. 47) dà al giudizio “di e degli altri insigni filologi che fanno di Baśśār i più grandi elogi”.Google Scholar

page 158 note 1 Ḥadīƫ al-arba‘ā’, i, 243–261.

page 159 note 1 op. cit. p. 37 “il passo veramente sublime nel quale il poeta dà awertimenti all’alide Ibrāhīm e lo esorta a chiedere e giovarsi del consiglio degli altri”; p. 81 “la qaṡīdah in cui egli fa un mirabile contrasto tra il califfo regnante al-Manṡūr e l'alide Ibrāhim”. La celebre qaṡīdah è tradotta per intero a pp. 81–83.

page 159 note 2 Grazioso a questo proposito 1'aneddoto (Aġ. iii, 56) dell’amico che lo va a trovare e lo trova sdraiato in lungo e in largo, “come un bufalo”, nel suo cubicolo (dihlīz), e scandalizzato esclama:-

“Sei pur tu che hai detto:

Nella mia veste ćé un corpo di giovane consunto

che, se il vento gli soffiasse addosso, volerebbe via.

Se Iddio mandasse i venti con cui ha distrutto le genti antiche, essi non varrebbero a smuoverti da dove stai!”

page 160 note 1 Aġ. vi, 503 segg.

page 160 note 2 Sono note le ripetute allusioni di Baśśār, nei suoi versi, a questo divieto. Ma è in equivoco il Di Matteo (p. 75) quando scrive che il poeta divenuto adulto deplorò la sua vita licenziosa e rifiutò tale poesia erotica. Nel passo di Aġ. iii, 39 il risentimento di Baśśār a chi gli citava per stuzzicarlo suoi versi giovanili non è dettato da serupoli moralistici ma artistici, tanto vero che egli stesso subito dopo si compiace ad altri suoi versi d'amore per, che l'interlocutore fa seguire (waylaka, egli esclama!).

page 160 note 3 Aġ. iii, 35.

page 160 note 4 Aġ. iii, 41–2.

page 161 note 1 In Aḥmad al-Qanī, op. cit., 86.

page 162 note 1 Aġ. iii, 338–9. E' il motivo, che traversa i secoli, delle canzoni conviviali attiche:

page 162 note 2 Aġ. iii, 43.

page 162 note 3 Ho citato scegliendo passi fra quelli non tradotti dal Di Matteo. Ma nell’analoga cerchia entrano molti altri, come i frammenti erotici yā laylatī tazdādu nakran Aġ. iii, 28, aǵ‘alu’ l-ḥubba bayna ḥubbī wa baynī ibid. 60, durrah baḥriyyah maknūndh ibid. 26, in tutto o in parte resi in italiano nell'opera citata, che stimo superfluo ritradurre.

page 162 note 4 Ben poco ci è giunto di poesia bacchica di Baśśār: ma alcuni versi della qaṣīdah Aġ. iii, 666, segg. in morte di un amico contengono un vigoroso quadretto bacchico, che mi piace qui riportare:

Con più di una coppa (dolce) come il salsabīl mi sono consolato, mentre gli occhi spioni dormivano via da me.

Quel vino fu serbato in Bayt Rās per i compratori, fatto invecchiare da scapolone, suggellato.

Emanò un profumo che commosse (hazzat) con un buffo il mio compagno di bevuta, e dissipò il raffreddore.

Chi se ne era replicatamente abbeverato, al partirsene sembrava un fantasma con la lingua paralizzata e balbettante.

II vino gagliardo lo aveva preso in pieno, tanto che i suoi occhi eran pesti e languide le giunture.

Immobili restavano di lui le estremità, viva era in lui la coppa ed eran morti gli arti e la parola.

Ricordo un giovane che trincava col suo danaro il vino, e avanzava aggredendo, non aggredito.

II bicchiere aveva consumato i suoi dīnār, tanto che se ne era andato il contante, ed era sfumato il bestiame.

II vino aurato lo lasciò che guardava con occhio dalla assonnata pupilla, mentre pur non dormiva.

Perse la testa (ǵunna) per una bevuta che seguiva all'altra, e pianse, mentre il vino serpegjriava in lui. …

page 163 note 1 Esempi caratteristici le due poesie in raǵaz conservate dallġānī, una in lode di ‘Uqbah b. Salm (iii, 37–38), l'altra di doglianze e minacce per un magro regalo d'una bestia da sacrifizio (iii, 62–63).