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DOPPIO TURNO E «DEMOCRAZIE DIFFICILI»

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Per l'ampiezza dell'arco storico abbracciato, che arriva fino ai nostri giorni, l'esperienza piò rilevante di doppio turno è quella compiuta dalla Francia, la quale ha fruito di tale sistema elettorale durante il Secondo Impero, poi dal 1873 al 1936 (salvo le elezioni del 1919 e del 1924 che si tengono con un sistema misto il quale tenta di conciliare scrutinio di lista e formula maggioritaria assoluta), e ne fruisce attualmente, avendolo la Quinta Repubblica riadottato a partire dalle elezioni per l'assemblea nazionale del 23–30 novembre 1958. Ma numerosi altri paesi si sono serviti del doppio turno: la Spagna dal 1836 al 1870 (allorché viene introdotto il plurality system) e poi dal 1931 al 1936 in una combinazione di voto limitato e doppio turno, la Germania dal 1871 al 1919 per eleggere il Reichstag, l'Austria fino al 1919, il Belgio fino al 1900, l'Italia fino al 1919, la Norvegia fino al 1921, l'Olanda fino al 1918, la Svizzera fino al 1919. Nel caso di Germania, Austria, Belgio, Italia, Norvegia, Olanda, Svizzera il terminus ad quem indica l'anno in cui viene introdotta la rappresentanza proporzionale.

Type
Research Article
Copyright
Copyright © Società Italiana di Scienza Politica 

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References

1 Avverto che il riferimento è sempre al sistema elettorale per le camere basse. In generale, per i richiami bibliografici, per l'approfondimento delle tesi qui sviluppate, per ulteriore documentazione, debbo rinviare al mio volume Elezioni e democrazia. Un'analisi comparata , Bologna, Il Mulino, 1982 2 , pp. 320.Google Scholar

2 Cfr. Pironti, A. e Spano, G., Codice elettorale italiano. I. Elettorato politico , Torino, 1913, p. 862. A criteri del genere ci si riferiva essenzialmente per ridurre il numero dei collegi rinviati al secondo turno e per ragioni di partecipazione elettorale.Google Scholar

3 Questa percentuale, che era inizialmente del cinque per cento dei voti espressi (ordinanza del 13 ottobre 1958) e che è stata portata successivamente al dieci per cento degli elettori iscritti (legge 29 dicembre 1966), è prevista dalla legge del 19 luglio 1976.Google Scholar

4 Come è evidente, solo per i sistemi partitici che prima di tale periodo avevano conseguito un certo status di strutturazione.Google Scholar

5 Mentre gli altri due grandi partiti nazionali, il liberale e il conservatore, si affermano come canali formali di attività politica nel periodo 1880–1884.Google Scholar

6 Intendo autonomi rispetto al sistema elettorale. In questa sede, infatti, non vado al di là dell'analisi del rapporto tra sistema elettorale e sistema partitico, fermo restando che ragioni di vario ordine (sociali, culturali, etniche, economiche) possono riverberarsi sul sistema partitico dando luogo a scissioni e/o a nuove formazioni.Google Scholar

7 Ecco, dunque, ciò che il doppio turno ostacola: una distribuzione proporzionale dei seggi.Google Scholar

8 In questa, peraltro, il partito norvegese assume atteggiamenti di insofferenza della disciplina «proletaria», i quali nel 1923 lo inducono a riprendere la sua libertà. Seguono alcuni anni di crisi, con scissioni e rappacificazioni, finché nel 1927 il partito si presenta alle elezioni con una definita fisionomia socialdemocratica, che gli frutta un grosso successo in voti e, subito dopo, la designazione a costituire il governo.Google Scholar

9 Si ricordi che la camera belga era rinnovata per metà ogni due anni, salvo quando uno scioglimento esigeva il rinnovo dell'intero corpo, come è appunto avvenuto nel 1894.Google Scholar

10 È il caso dei socialisti tedeschi dal 1890.Google Scholar

11 Così in Italia, Germania, Austria, Olanda. In Belgio, che era diviso in collegi plurinominali, concorrevano al secondo turno i candidati più votati, in numero pari al doppio dei seggi da attribuire nel collegio.Google Scholar

12 Avverto perciò che nel presente paragrafo faccio riferimento alla varietà «aperta» di doppio turno.Google Scholar

13 Due sono le vie principali per formulare attendibili previsioni circa l'identificazione di partito e l'immagine di regime in vista d'una elezione politica generale: sondaggi di opinione, e/o introduzione del doppio turno in elezioni locali le quali fungano da «campo sperimentale».Google Scholar

14 Eventualmente consentendo anche la possibilità di presentare nuovi candidati non inclusi al primo turno.Google Scholar

15 Cfr. Sartori, G., Le «leggi» sulla influenza dei sistemi elettorali , in «Rivista Italiana di Scienza Politica», XIV (1984), p. 36.Google Scholar

16 Ivi , p. 37.Google Scholar

17 Ivi , p. 34.Google Scholar

18 Ivi , p. 37.Google Scholar

19 Cfr. Bartolini, S., Riforma istituzionale e sistema politico. La Francia gollista , Bologna, Il Mulino, 1981, p. 199.Google Scholar

20 Cfr. Sartori, G., op. cit. , p. 37.Google Scholar

21 La distinzione tra formula e clausola di esclusione (aggiuntiva, e quindi optional) è importante sia analiticamente sia praticamente, in sede applicativa e politica.Google Scholar

22 Per il concetto di frazionalizzazione cfr. Rae, D.W., The Political Consequences of Electoral Laws , New Haven, Yale University Press, 1971 2 , pp. 4754.Google Scholar

23 Così, se ipotizziamo un sistema a quattro partiti con cultura politica omogenea e analoghi livelli elettorali, non c'è ragione che il ballottaggio riduca il formato.Google Scholar