Hostname: page-component-7479d7b7d-t6hkb Total loading time: 0 Render date: 2024-07-09T16:20:40.785Z Has data issue: false hasContentIssue false

DEMOCRAZIA COMPETITIVA E ÉLITES POLITICHE

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

Introduzione

Core share and HTML view are not available for this content. However, as you have access to this content, a full PDF is available via the ‘Save PDF’ action button.

Il tema che mi prefiggo di affrontare nelle pagine che seguono è, in breve, questo: le élites e le minoranze dirigenti sono un male necessario oppure, al contrario, un elemento vitale e benefico?

Una serie di autori, imponente nel tempo e per autorevolezza, si dichiara a favore della seconda soluzione. Tucidide, il massimo storieo greco, ricorda che Atene raggiunse il vertice della sua grandezza con Pericle proprio perché «per rango, capacità e riconosciuta onestà egli era in grado di dominare la folla, con piena indipendenza». A sua volta, Bryce ha commentato l'esperienza piú avanzata del suo tempo con questa frase lapidaria: «Nessun'altra forma di governo probabilmente ha bisogno di grandi leaders quanto la democrazia».

Type
Saggi
Copyright
Copyright © Società Italiana di Scienza Politica 

References

1. La Guerra del Peloponneso, libro II, cap. VII.Google Scholar

2. Bryce, J., The American Commonwealth, New York, Macmillan, 1888, III, p. 337.Google Scholar

3. de Madariaga, S., Anarchie ou Hiérarchie, Paris, 1936, p. 56.Google Scholar

4. Mannheim, K., Man and Society in an Age of Reconstruction, London, Routledge and Kegan, 1954; trad. it. L'uomo e la società in un'età di ricostruzione, Milano, Comunità, 1959, p. 84.Google Scholar

5. Lindsay, A. D., The Modern Democratic State, London, Oxford University Press, 1943, p. 261.Google Scholar

6. Key, V. O., Public Opinion and American Democracy, New York, Knopf, 1961, p. 558. La difesa dell'elettorato è The Responsible Electorate, Cambridge, (Mass.), Harvard University Press, 1966.Google Scholar

7. Il volumetto che ha lanciato questa etichetta è Bachrach, P., The Theory of Democratic Elitism: A Critique, Boston, Little Brown & Co., 1967. La letteratura su élite e democrazia è vasta. Vedi Suzanne Keller Beyond the Ruling Class, New York, Random House, 1963; Bottomore, T. B., Elites and Society, London, Routledge and Kegan, 1964, trad. it. Elite e società, Milano, Il Saggiatore, 1967; Parry, Geraint, Political Elites, London, G. Allen and Unwin, 1969; trad. it. Le élites politiche, Bologna, Il Mulino, 1972, che prende in esame anche i lavori di Hunter, F., Dahl, R.A., Polsby, N. e Presthus, R.; McFarland, A. S., Power and Leadership in Pluralist Systems, Stanford, Stanford University Press, 1969.Google Scholar

8. Questo, mi si permetta di ricordarlo, è il filo conduttore e la tesi ricorrente del mio libro. Vedi nota successiva.Google Scholar

9. Vedi la nuova edizione di Democratic Theory, cit., cap. IV, sez. 1.Google Scholar

10. Eccezione fatta per la «valutazione» dell'individuo. Ma è un'eccezione che non sposta in questa sede.Google Scholar

11. Bachrach, , op. cit., p. 106.Google Scholar

12. Per quanto mi concerne, dicevo la stessa cosa nel mio cap. II, sez. 2, con la sola variante che «la vita» di Bachrach era, nel mio testo, «le menti».Google Scholar

13. Secondo Bottomore, T.B., l'incoerenza di Mosca e Aron «consiste nello spostarsi, in fasi diverse del dibattito, dal concetto di una pluralità di élites al ben diverso concetto di una molteplicità di associazioni volontarie»; ed è giusto dire che la tesi delle associazioni volontarie fiorenti «non va a sostegno delle teorie dell'élite»; (op. cit., pp. 118119). Similmente la tesi di Bachrach si basa, sostanzialmente, sul rifiuto di restringere la democrazia a un «metodo politico» e nell'allargarne «l'ambito fino a includervi le istituzioni private piú potenti» e, in definitiva, una partecipazione generalizzata (op. cit., p. 97).Google Scholar

14. La mia posizione sul punto è riassunta nella voce Democracy , in International Encyclopedia of The Social Sciences, New York, 1968, vol. IV, pp. 113–20. Per la posizione di Aron vedi, in particolare, Social Structure and Ruling Class, in «British Journal of Sociology», I, (1950); e Classe sociale, Classe Politique, Classe dominante, in «Archives Européennes de Sociologie», II (1960).Google Scholar

15. Queste sono le categorie secondo le quali ho ricostruito il concetto di politica da Aristotele ad oggi (cfr. What is ‘politics’ , in «Political Theory», I, 1973).Google Scholar

16. L'Esprit des lois, libro VIII, cap. II.Google Scholar

17. Lasswell, H. D. e Kaplan, A., Power and Society, New Haven, Yale Univ. Press, 1950; trad. it. Potere e Società, Milano, Etas Kompass, 1969, p. 218.Google Scholar

18. Vedi Democratic Theory, cit., cap. III.Google Scholar

19. Lasswell, H. e Lerner, D., The Comparative Study of Elites, Stanford, Stanford Univ. Press, 1952, p. 13.Google Scholar

20. Questo era anche e proprio il problema di Wright Mills, che opponeva l'élite del potere all'élite intellettuale, cercando di rendere la prima responsabile verso la seconda (cfr. Mills, Wright, Causes of World War Three, New York, 1958; trad. it., Le cause della terza guerra mondiale, Milano, Feltrinelli, 1959, cap. 7).Google Scholar

21. La precisazione sta per dire che qui non mi occupo della definizione operazionale.Google Scholar

22. Schattschneider, E. E., The Semisovereign People, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1960, p. 35, citato da Bachrach, op. cit., p. 37.Google Scholar

23. Se ne trova la prova nell'esperimento proposto da Hayek: abolendo il monopolio governativo del denaro, l'inflazione scomparirebbe immediatamente. Cfr. Hayek, F. A., Denazionalization of Money, London, Institute of Economics Affairs, 1976. Possiamo non aderire alla proposta, ma l'esercizio mentale rimane proficuo. S. Brittan sintetizza il problema in questa formula: «la mancanza di vincoli di bilancio fra gli elettori», The Economic Contradictions of Democracy, in «British Journal of Political Science», III (1975), p. 139. Vedi anche Buchanan, J. M., Wagner, R. E., Democracy in Deficit, New York, 1977.Google Scholar

24. Cfr. Rose, R. e Peters, B., Can Government Go Bankrupt? A Preliminary Inquiry into Political Overload, di prossima pubblicazione.Google Scholar

25. Cfr. Crozier, M. J., Huntington, S. P., Watanuki, J., The Crisis of Democracy: Report on the Governability of Democracies to the Trilateral Commission, New York, New York Univ. Press, 1975, trad. it. La crisi della democrazia, Milano, Franco Angeli, 1977.Google Scholar

26. Vedi Democratic Theory, cit., cap. IV, sez. 5.Google Scholar

27. Vedi la mia voce, Representational Systems , in International Encyclopedia of The Social Sciences, cit., vol. XIII, pp. 465–74.Google Scholar

28. É l'indovinata formulazione dell'antitesi fra democrazia e non, di Burzio, F., Essenza e Attualità del Liberalismo, Torino, UTET, 1945, p. 19.Google Scholar

29. Il libro uscí in Germania nel 1911 e in Italia nel 1912; essendo Michels bilingue, si possono considerare originali entrambe le edizioni. Si veda ora nell'edizione del Mulino, Bologna, 1966.Google Scholar

30. Kelsen, H., Von Wesen und Wert der Demokratie, cap. IL La democrazia come sistema di partiti è esaminata ampiamente nel mio libro Parties and Party Systems, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1976.Google Scholar

31. Vedi per tutti Maranini, G., Miti e realtà della democrazia, Milano, Comunità, 1958.Google Scholar

32. La sociologia del partito politico, cit., p. 33. Per un breve sunto delle tesi di Michels «sulle tendenze oligarchiche degli aggregati politici», vedi il suo Studi sulla democrazia e sull'autorità, Firenze, La Nuova Italia, 1933, pagg. 58–59, e il seguente passo, scritto nel 1909: «Se esiste una legge sociologica seguita dai partiti politici… riducendola alla formula piú concisa, deve suonare cosi: l'organizzazione è madre del predominio degli eletti sugli elettori», (ivi, p. 49).Google Scholar

33. La sociologia del partito politico, cit., p. 419. Il testo tedesco dice Führertum e quello italiano sistema di capi: quindi la semplice traduzione in «leadership» (come nella edizione inglese) non dà il significato dell'originale.Google Scholar

34. Vedi Sartori, G., Democrazia, burocrazia e oligarchia nei partiti , in «Rassegna italiana di sociologia», vol. III (1960), pp. 119–36, dove indico la bibliografia e rilevo la differenza fra le posizioni di Michels e di Max Weber.Google Scholar

35. Come autorevolmente confermato, fra gli altri, da Duverger: nell'opera di Michels «sono descritte in termini sempre attuali le tendenze oligarchiche delle organizzazioni di massa». (Les parties politiques, Paris, trad. it. I partiti politici, Milano, Comunità, 1961, p. 12); e da Lipset, S. M.: «Le ovvie conclusioni tratte da questa analisi sono che i requisiti funzionali della democrazia per lo piú non si incontrano nella maggior parte dei sindacati» (The Political Process in Trade Unions, in Political Man, New York, Doubleday, 1960, trad. it. L'uomo e la politica, Milano, Comunità, 1963, p. 423). Michels viene spesso convalidato, involontariamente o indirettamente.Google Scholar

36. La Sociologia del partito politico, cit., prefazione, p. XIII.Google Scholar

37. Per esempio Michels dichiara che il sistema rappresentativo è impossibile, richiamandosi al postulato rousseauiano secondo cui l'esercizio della volontà non può essere alienato (op. cit., p. 37).Google Scholar

38. Vedi Schumpeter, J. A., Capitalism, Socialism and Democracy, London, Allen & Unwin, 1947, tr. it. Capitalismo, socialismo e democrazia, Milano, Etas Kompass, 19732, p. 257. Bisogna comunque leggerne per intero il cap. XXII.Google Scholar

39. L'espressione migliore di questa formula si trova nella 2a edizione del suo Constitutional Government and Democracy, Boston, 1941, cap. XXV. Nell'edizione del 1950 il capitolo è stato omesso, benché la regola ricompaia nel successivo Man and his Government, New York, McGraw Hill, 1963.Google Scholar

40. Pertanto che una società sia integrata, conflittuale o basata su divisioni di classe è irrilevante. Mi sfugge, in particolare, perché la teoria del conflitto sociale di Dahrendorf (Classes and Class Conflict in the Industrial Society, London, Routledge and Kegan, 1959, trad. it. Classi e conflitto di classe nelle società industriali, Bari, Laterza, 1963) debba essere interpretata come un attacco alla teoria competitiva della democrazia. In realtà Dahrendorf critica Mosca, Pareto e Aron (oltre a Talcott Parsons) per la loro interpretazione delle interazioni e delle strutture sociali.Google Scholar

41. Carole Pateman è nel giusto quando rileva che Schumpeter non è chiaro nella sua interpretazione della «teoria classica»; ma essa va oltre il segno quando afferma che «la nozione di una ‘teoria classica della democrazia’ è un mito». (Pateman, C., Participation and Democratic Theory, Cambridge, Cambridge University Press, 1970, p. 17).Google Scholar

42. In realtà è anche dubbio che la teoria classica abbia mai incorporato la nozione di mandato, che non appartiene, essendo medievale, né alla democrazia degli antichi né alla democrazia dei moderni.Google Scholar

43. Poiché l'ulteriore sottinteso potrebbe essere che Mosca e Pareto vennero messi a frutto dal fascismo, è bene stabilire che questo è semplicemente falso. Come rileva giustamente N. Bobbio: «Nei due dottrinari e principali artefici della dottrina del fascismo, il filosofo Gentile e il giurista Rocco, la teoria delle élites non ebbe alcuna parte, neppure di secondo ordine … La teoria della classe politica ebbe fortuna non già tra gli scrittori fascisti ma tra quelli antifascisti e democratici… L'unico tentativo serio … di riprendere e approfondire le dee di Mosca … fu quello del gobettiano democratico-radicale Guido Dorso, e l'unica rielaborazione delle idee di Pareto … fu quella del paretiano liberale e democratico Filippo Burzio». (Saggi sulla scienza politica in Italia, Bari, Laterza, 1969, pp. 247–48).Google Scholar

44. Si fa riferimento in particolare a Duncan, G., Lukes, S., The New Democracy , in «Political Studies», II (1963) e a Pateman, C., op. cit .Google Scholar

45. Questa è la citazione sulla quale Duncan e Lukes, che considerano Mill il ‘principale teorico della democrazia’, basano la loro argomentazione; (op. cit., p. 158).Google Scholar

46. Mill, J. S., Representative Government, New York, 1951, p. 391.Google Scholar

47. Bachrach, , op. cit., pp. 4041.Google Scholar

48. In realtà, Bachrach attribuisce queste opinioni a me. La deformazione e la caricatura sono cosí evidenti che il curatore della traduzione italiana di Bachrach richiama queste pagine del suo autore come un caso patente di distorsione polemica. Cfr. Stoppino, M., Presentazione, in La Teoria dell'elitismo democratico, Napoli, Guida, 1974, pp. XVIIXVIII. Ad esempio, secondo Bachrach sarei favorevole alla rappresentanza proporzionale sulla base dei seguenti argomenti: «In aggiunta alla sua superiorità nel selezionare una migliore leadership, Sartori sostiene che la rappresentanza proporzionale è un sistema migliore anche perché … comporta sempre governi di coalizione, il che rende piú difficile per l'elettorato identificare le responsabilità politiche». (Bachrach, op. cit., p. 42). Non solo non ho mai difeso la rappresentanza proporzionale, né ho mai detto che porta a una leadership migliore (come e perché dovrebbe farlo?), ma ho detto, e ripeto ora, l'esatto contrario di ciò che Bachrach inventa: il fatto che i governi di coalizione non consentono all'elettorato di identificare le responsabilità è un difetto della rappresentanza proporzionale.Google Scholar

49. Forse devo spiegare perché An Economic Theory of Democracy di Downs, A. (New York, Harper and Row, 1957) non sia stata appaiata, qui, all'opera di Schumpeter. La ragione è che la teoria competitiva si richiama a un'analogia economica centrale, ma non è una «teoria economica». Mi sono occupato dell'importanza dell'analisi di Downs in Parties and Party Systems, cit., cap. 10.Google Scholar

50. Cfr. Polyarchy, New Haven, Yale University Press, 1971, p. 9. Le poliarchie vengono qui definite come «regimi relativamente (ma non completamente) democratizzati».Google Scholar

51. Vedi Democratic Theory, cit., cap. I, sez. 1.Google Scholar

52. Questo è un punto del tutto trascurato dagli anti-elitisti. La loro tesi, in genere, è che la maggioranza del popolo rimane senza ‘voce’, dato che non può organizzarsi in gruppi di pressione. Il fatto che le maggioranze proprio in quanto maggioranze elettorali, abbiano una ‘voce’, che spesso prevale sulle altre pressioni viene costantemente (e significativamente) ignorato.Google Scholar

53. Cfr. Dahl, , Polarchy, cit., pp. 48.Google Scholar

54. Questa interpretazione è convalidata da due motivi. Primo, è Dahl che rileva come la «inclusività» da sola porti a una «egemonia chiusa», cioè a regimi plebiscitari e di mobilitazione. Secondo, quando Dahl parla specificamente di «buona società» (in After the Revolution?, New Haven, Yale University Press, 1970) si riferisce in complesso, al problema della partecipazione.Google Scholar

55. Specificamente, la mia difficoltà con il termine ‘contestazione’ viene dal fatto che la fattispecie non supera la prova del principio del pericolo opposto. (Cfr. Democratic Theory, cit. cap. V, sez. 5). La contestazione è una forza democratizzante fino a che si oppone a una oligarchia; ma non oltre. Direi, dunque, che per una poliarchia va meglio «voce»; vedi Hirschman, A. O., Exit, Voice, and Loyalty, Cambridge, Mass., Harvard, University Press, 1970.Google Scholar

56. Vedi Orwell, G., Politics and the English Language, ora in Collected Essays, Harmondsworth, Penguin, 1957.Google Scholar

57. Dahl, R. A., A Preface to Democratic Theory, Chicago, The University of Chicago Press, 1956, p. 87.Google Scholar

58. Nella prima edizione di questo libro; cfr. Democratic Theory, New York, Praeger, 1965. Nel corrispondente capitolo della nuova edizione ho rivisto molte delle mie prime critiche a Dahl.Google Scholar

59. Cfr. Dahl, R. A., Power, Pluralism and Democracy: A Modest Proposal; APSA paper, 1964.Google Scholar

60. Si osservi che, esattamente come nel caso di «selezione», il termine élite è stato svalutato solo nella sfera della politica. Quando parliamo, ad esempio, di élites intellettuali la connotazione originale rimane.Google Scholar