Hostname: page-component-848d4c4894-xfwgj Total loading time: 0 Render date: 2024-07-06T05:25:49.591Z Has data issue: false hasContentIssue false

LA POLITICA COMPARATA: PREMESSE E PROBLEMI

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

Introduzione

Core share and HTML view are not available for this content. However, as you have access to this content, a full PDF is available via the ‘Save PDF’ action button.

In un certo senso è vero che tutta la scienza politica sottintende, per quanto implicitamente, un quadro di riferimento comparato. Anche il politologo che esamina un caso singolo deve tener presente il cosiddetto contesto generale, o quantomeno dovrebbe tener presente altri casi. Altrimenti la sua analisi del caso singolo « esce di proporzione ». Senza dubbio è cosí. Ma questa è soltanto una verità banale.

Type
Saggi
Copyright
Copyright © Società Italiana di Scienza Politica 

References

1. Bendix, Cosí Reinhard, Concepts and Generalizations in Comparative Sociological Studies, in «American Sociological Review», XXVIII (1963), p. 533.Google Scholar

2. Cfr. Lijphart, Arend, Il metodo della comparazione, in questo fascicolo. Peraltro l'A. sviluppa soltanto le prime tre voci.Google Scholar

3. Per il primo punto rinvio alle osservazioni di Lijphart, loc. cit. Il secondo punto — la dubbia validità — verrà approfondito infra ai par. 45.Google Scholar

4. Cfr. Ciò che la storia potrebbe insegnare, che è il saggio introduttivo che dà anche il titolo alla raccolta di scritti minori di Mosca edita da Giuffrè, Milano, 1958. Ma vedi Elementi di scienza politica , Bari, Laterza, 1939, vol. 1, cap. I, spec. p. 69.Google Scholar

5. Lijphart, , Il metodo della comparazione , loc. cit. Google Scholar

6. Per una applicazione della dottrina delle crisi e dei sovraccarichi ai nostri sistemi democratici, specie per le crisi di legittimità e di suffragio, cfr. Fisichella, Domenico, Sviluppo democratico e sistemi elettorali , Firenze, Sansoni, 1970, pp. 1444. Con riferimento invece al terzo mondo vedi Lucian Pye, Aspects of Political Development, Boston, Little, Brown, 1966, pp. 62–67; e ancor piú il VII vol. della serie «Political Development» edito dalla Princeton University Press: AA.VV., Crises in Political Development, di prossima pubblicazione.Google Scholar

7. Tra i molti scritti di Shmuel N. Eisenstadt ricordo due concisi saggi: Initial Institutional Patterns of Political Modernization , in «Civilizations», IV (1962), I (1963); Institutionalization and Change, in «American Sociological Review», XXIX (1964). Seymour Lipset e Stein Rokkan sono richiamati per la loro Introduzione al vol. coll. Party Systems and Voter Alignments, New York, Free Press, 1967, tutta in chiave di sequenze longitudinali. L'ultimissimo Almond è quello che cerca di «integrare» sincre tisticamente i vari approcci, ivi includendo quello storico. Vedine Determinacy-Choice, Stability-Change - Some Thoughts on a Contemporary Polemics in Political Theory, in «Government and Opposition», V (1969–70), pp. 22–40.Google Scholar

8. In generale, cfr. Thrupp, Sylvia L., Diacronic Methods in Comparative Politics , in Holt, R. T. e Turner, J. E. (eds.), The Methodology of Comparative Research , New York, Free Press, 1970.Google Scholar

9. Il titolo originario del 1937 era Constitutional Government and Politics. Il libro, quasi interamente riscritto nel 1941, è stato ripubblicato di recente in una 4a ed. aggiornata (Waltham, Blaisdell, 1968). La trad. it. Governo costituzionale e democrazia (Vicenza, Neri Pozza, 1950), davvero pessima, è condotta sulla ed. del 1950.Google Scholar

10. Cfr. spec. l'ed. condensata in un volume del 1950, ripubblicata nel 1954 da Methuen, London. L'opera è stata ripresa in The Major Governments of Modern Europe , London, Methuen, 1961.Google Scholar

11. Un esempio particolarmente riuscito di questa impostazione è dato dai due volumi curati da Macridis, Roy C. e Ward, Robert E., Modern Political Systems: Europe, e Modern Political Systems: Asia , Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1963. Pur essendo i singoli paesi affidati a nove autori, l'opera è unitaria. Lo è assai meno, per contro, il vol. coll. curato da Beer, S. H. e Ulam, A. B., Patterns of Government: The Major Political Systems of Europe, New York, Random House, 2a ed. 1962. Nonostante i buoni propositi, i collaboratori vanno in ordine sparso.Google Scholar

12. Per il rapido crescendo di consapevolezza comparata (in generale) basti questa indicazione quantitativa: la bibliografia commentata di Marsh, Robert M., Comparative Sociology , New York, Harcourt, Brace, 1967, raccoglie — per il periodo 1950–1963 — oltre 1100 titoli. Per il riepilogo degli sviluppi che sono propriamente di politica comparata cfr. l'Introduzione di Harry Eckstein all'antologia (da lui curata con David Apter) Comparative Politics. A Reader, New York, Free Press, 1963. E vedi, da ultimo, Jean Blondel, An Introduction to Comparative Government, New York, Praeger, 1969; e Samuel E. Finer, Comparative Governement, London, Allen Lane Penguin Press, 1970.Google Scholar

13. Almond, Cosí Gabriel, nella introduzione a The Politics of the Developing Areas , Princeton, Princeton University Press, 1960, p. 4.Google Scholar

14. Per la scuola dello sviluppo politico si deve segnalare la serie dei volumi sul «Political Development» promossa dal Social Science Research Council, e pubblicata — tra il 1963 e il 1966 — dalla Princeton University Press. In merito, e la bibliografia, vedi Riggs, Fred W., The Theory of Political Development, nel vol. coll. curato da James C. Charlesworth, Contemporary Political Analysis , Free Press, New York, 1967, spec. pp. 317337; trad. it. Il Mulino, di prossima pubblicazione; e, piú ampiamente, Gianfranco Pasquino, Modernizzazione e sviluppo politico, Bologna, Il Mulino, 1970.Google Scholar

15. Macridis, Cosí, Comparative Politics and the Study of Goverment , in «Comparative Politics», I (1968), p. 81.Google Scholar

16. Le riserve di Macridis sulla «graduale sparizione della politica» e su quella che chiama fallacy of inputism (spec. pp. 8487, art. cit., supra) non sono dissimili dalle mie riserve sulla sociologizzazione della politica sviluppate in Alla ricerca della sociologia politica, in «Rassegna Italiana di Sociologia», IV (1968); riserve riprese, in parte, nella mia introduzione Per una definizione della scienza politica alla Antologia di scienza politica, Bologna, Il Mulino, 1970, spec. pp. 12–17. Vedi anche Glenn D. Paige, The Rediscovery of Politics, nel vol. coll. curato da J. D. Montgomery, W. J. Siffin, Approaches to Development. Politics, Administration and Change, New York, McGraw Hill, 1966, pp. 49–58.Google Scholar

17. Anche se il solo problema di standardizzare il conteggio non è piccolo. Cfr. Russett, B. M., Singer, J. D., Small, M., National Political Units in the Twentieth Century: A Standardized List , in «American Political Science Review», LII (1968), pp. 932951.Google Scholar

18. Braibanti, Cosí Ralph, Comparative Political Analytics Reconsidered , in «Journal of Politics», XXX (1968), pp. 3637.Google Scholar

19. Occorre però distinguere tra coloro che innovano il vocabolario in funzione di nuovi approcci sistematici — ad esempio David Easton e Karl Deutsch — e coloro che cercano deliberatamente di ricostruire la terminologia. A quest'ultimo effetto l'autore piú lucido è Fred W. Riggs, di cui segnalo: The Comparison of Whole Political Systems, nel vol. cit., The Methodology of Comparative Research; Bureaucratic Politics in Comparative Perspective , in «Journal of Comparative Administration», I (1969), pp. 538; e Systems Theory: Structural Analysis, nel vol. coll. curato da M. Haas e H. Kariel, Approaches to the Study of Political Science, Scranton, Penn., Chandler, 1970.Google Scholar

20. è il caso del noto Goode, William J. e Hatt, Paul K., Methods in Social Research, trad. con il titolo Metodologia della ricerca sociale, Bologna, Il Mulino, 1962, che in metodologia è davvero debole, e che è, in verità, un testo di «tecnica» della ricerca. Cosí come è il caso dei testi cit. infra, nota 24. Peraltro la differenza tra metodi e tecniche è sempre piú avvertita. È sintomatico questo recente giudizio complessivo di A. Przeworski e H. Teune: «molti libri… sono cosí assorbiti dalla presentazione di specifiche procedure e tecniche da non discuterne nemmeno le giustificazioni e le implicazioni», (The Logic of Comparative Social Inquiry, New York, Wiley, 1970, p. X).Google Scholar

21. I paragrafi che seguono sono, in larga misura, una rielaborazione del mio articolo Concept Misformation in Comparative Politics , in «American Political Science Review», LXIV (1970), pp. 10331053.Google Scholar

22. Martindale, Don, Sociological Theory and the Ideal Type, nel vol. curato da L. Gross, Symposium on Sociological Theory , New York, Harper & Row, 1959. Questa frase riassume efficacemente la posizione di Carl Hempel.Google Scholar

23. Kaplan, Abraham, The Conduct of Inquiry , San Francisco, Chandler, 1964, p. 213.Google Scholar

24. Anche in testi eccellenti, quali Leon Festinger e Katz, Daniel (eds.), Research Methods in the Behavioral Sciences , New York, Dryden Press, 1953, pp. 473–74; e Selltiz, Claire, Jahoda, , et al., Research Methods in Social Relations, ed. rev., New York, Holt, Rinehart & Winston, 1962, pp. 189–90.Google Scholar

25. Per le considerazioni che autorizzano questo abbassamento della soglia alle scale ordinali, vedi Tufte, Edward R., Improving Data Analysis in Political Science , in «World Politics», XXI (1969), spec. p. 645. Si deve anche tener presente, ai fini di questa discussione, l'esistenza di scale intermedie, e spec. della scala metrica ordinata (intermedia tra scale ordinali e a intervallo).Google Scholar

26. Benson, Oliver, The Mathematical Approach to Political Science , in Contemporary Political Analysis , cit., p. 132. Il cap. di Benson contiene una buona rassegna della letteratura. Per un testo ad hoc, vedi Alker, Hayward R., Mathematics and Politics, New York, Macmillan, 1965.Google Scholar

27. Per un primo orientamento e la bibliografia relativa, vedi, nel vol. cit. Contemporary Political Analysis, i ss. capp.: Schelling, Thomas C., What is Game Theory? ; Shubick, Martin, The Uses of Game Theory; Robinson, and Majak, , The Theory of Decision-Making; Rosenau, James N., The Premises and Promises of Decision-Making Analysis. Per la teoria delle coalizioni in particolare, cfr. Riker, William H., The Theory of Political Coalitions, New Haven, Yale Univ. Press, 1962; e Groennings, S., Kelley, E. W. e Leiserson, M. (eds.), The Study of Coalition Behavior, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1970.Google Scholar

28. A questo effetto si punta sulle c.d. «matematiche dell'uomo», e cioè sulle matematiche non-quantitative, o anche discontinue (non sono la stessa cosa). Cfr. Kemeny, John G., Mathematics without Numbers , in Lerner, Daniel (ed.), Quantity and Quality , Glencoe, Free Press, 1961; e Kemeny, J. C., Snell, J. L., Thompson, G. L., Introduction to Finite Mathematics, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1957; trad. it. Matematica e attività umane, Milano, Feltrinelli, 1968.Google Scholar

29. Spengler, Joseph J., Quantification in Economics: Its History , in Quantity and Quality , cit., p. 176. Spengler soggiunge che «l'introduzione in economia dei metodi quantitativi non ha prodotto scoperte sorprendenti». Per quanto la teoria economica formale sia oggi altamente isomorfica con l'algebra, l'economia matematica non ha aggiunto molto al potere predittivo della disciplina, e si ha spesso l'impressione di un cannone che uccide una zanzara.Google Scholar

30. Per come la quantificazione entra nelle varie scienze sociali il vol. coll. cit. Quantity and Quality fornisce un eccellente panorama d'insieme.Google Scholar

31. Lazarsfeld, Paul F. e Barton, Allen H., Qualitative Measurement in the Social Sciences: Classifications, Typologies and Indices , in Lerner, D., Lasswell, H. D. (eds.), The Policy Sciences , Stanford, Stanford Univ. Press, 1951, p. 155 (il corsivo è mio). Gli autori definiscono «variabile» cosí: «un attributo passibile di un qualsiasi numero di graduazioni, il quale implica, per di piú, la possibilità di essere misurato nel senso piú esatto della parola;» (ibidem, p. 170). Questa definizione rigorosa può essere attenuata in ordine all'ultimo requisito; ma certo il significato tecnico di variabile non è applicabile — come ho già notato — agli attributi che non sono nemmeno graduabili.Google Scholar

32. In sede politica l'autore che persegue questo programma con maggiore finezza è Felix E. Oppenheim. Cfr. Dimensions of Freedom. An Analysis , New York, St. Martin's Press, 1962, capp. 8–9 e spec. pp. 179–80 (trad. it. Dimensioni della libertà, Feltrinelli, 1964). Nei vari scritti successivi questo leit-motiv si accentua. Il punto è, comunque, che la proposta matematizzante caratterizza, sia pure con molto minore consapevolezza teorica, la piú recente produzione dei giovani politologi nordamericani di osservanza behavioristica.Google Scholar

33. S'intende che possiamo combinare assieme piú di un criterio. In tal caso si usa dire tassonomia, o anche tipologia. Ai nostri fini questa distinzione non fa differenza. Su tutte queste questioni, lo scritto cit. di Lazarsfeld e Barton in The Policy Sciences resta tra i piú precisi e perspicui: vedilo ora nella raccolta curata da Vittorio Capecchi degli scritti di Lazarsfeld: Metodologia e ricerca sociologica, Bologna, Il Mulino, 1967, pp. 231306.Google Scholar

34. Blalock, Hubert M. Jr., Causal Inferences in Nonexperimental Research , Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1964, p. 32. E interessante notare che in Social Statistics, New York, McGraw-Hill, 1960, cap. 2; trad. it. Statistica per la ricerca sociale, Bologna, Il Mulino, 1969, Blalock sosteneva una ben diversa tesi: posto che non riusciamo a misurare gran parte delle nostre variabili al punto da tradurle in scale a intervallo, può essere più pratico trattare queste variabili come attributi.Google Scholar

35. Vedi supra par. 2.Google Scholar

36. Deutsch, Karl, Recent Trends in Research Methods, nel vol. coll. curato da Charlesworth, J. C., A Design for Political Science: Scope, Objectives and Methods , American Academy of Political and Social Science, Philadelphia, 1966, p. 156.Google Scholar

37. Cosí, spiritosamente, LaPalombara, Joseph, Macrotheories and Microapplications in Comparative Politics , in «Comparative Politics», I (1968), p. 66.Google Scholar

38. Cfr. Deutsch, , A Design for Political Science , cit., pp. 152157, anche per la bibliografia relativa. Complessivamente Deutsch distingue nove settori. Per una esemplificazione di quanto si può fare, in sede di analisi politica, sulla base delle rilevazioni esistenti (nel paese meglio fornito di dati) si può vedere J. M. e W. C. Mitchell, The Changing Politics of American Life , in Sheldon, E. B., Moore, W. E. (eds.), Indicators of Social Change - Concepts and Measurements, New York, Russell Sage Foundation, 1968, pp. 247294.Google Scholar

39. Per orientarsi in concreto, cfr. Russett, et al., World Handbook of Political and Sociale Indicators , New Haven, Yale University Press, 1964, nuova ed. 1969. Questo testo è la fonte piú comprensiva dei dati che hanno una qualche rilevanza per le scienze sociali. Vi si guardi, in particolare, la sezione Government and Politics. Google Scholar

40. Non alludo in particolare all'ISTAT. Cfr. per es. le severe critiche alle rilevazioni statistiche negli Stati Uniti di Bertram Gross, The State of the Nation - Social Systems Accounting, nel vol. coll. curato da Bauer, R. A., Social Indicators, Cambridge, M.I.T. Press, 1966.Google Scholar

41. Per le difficoltà di paragonabilità cfr. Merritt, Richard, Rokkan, Stein (eds.), Comparing Nations; The Use of Quantitative Data in Cross-National Research , New Haven, Yale University Press, 1966. Peraltro gli autori sottovalutano le difficoltà in questione.Google Scholar

42. Valga il solo esempio delle statistiche sull'istruzione, in base alle quali si cercano, tra l'altro, correlazioni tra alti livelli di istruzione e sviluppo democratico. Correlazioni che non hanno senso se, e finché, l'istruzione è rilevata soltanto in termini di anni di scolarizzazione. Gli anni non qualificano, da soli, un «alto livello». E lo stesso numero di anni può essere destinato 1) ad un indottrinamento democratico, 2) ad un indottrinamento anti-democratico, 3) ad una istruzione puramente tecnologica.Google Scholar

43. È peraltro lecito chiedere che nella misura in cui uno stato destina le sue risorse alla «politica sociale», nella stessa misura commissioni ai propri servizi statistici il reperimento di adeguate informazioni sociali. Il che non è davvero il caso dell'ISTAT, talché tutta la nostra politica sociale naviga nel piú profondo buio.Google Scholar

44. Cfr. Hempel, Carl G., Fundamentals of Concept Formation in Empirical Science, Chicago, Univ. Chicago Press, 1952, p. 54 (trad. it. La formazione dei concetti e delle teorie nella scienza empirica, Milano, Feltrinelli, 1961).Google Scholar

45. Un eloquente, pessimo precedente di compilazione affidata alle macchine è Arthur S. Banks e Robert Textor, A Cross-Polity Survey , Cambridge, M.I.T. Press, 1963.Google Scholar

46. Supra nota 1.Google Scholar

47. Kaplan, Seguo, The Conduct of Inquiry , cit., pp. 5657, 63–65, adottandone la terminologia. Secondo Hempel, i termini teoretici non rilevano, di solito, «ad entità direttamente osservabili e alle loro caratteristiche … Attengono … alle teorie scientifiche intese a spiegare generalizzazioni» (in Minnesota Studies in the Philosophy of Science, di Feigl, Scriven, Maxwell (eds.), Minneapolis, Univ. of Minnesota Press, 1958, vol. II, p. 42). La distinzione tra termini teoretici e termini osservativi non è ontologica, è segnata da confini mobili (molti termini sono di dubbia attribuzione, se non promiscui), e il solo punto fermo sulla questione è l'irriducibilità dei primi ai secondi. Per un recente riepilogo di questo dibattito, cfr. Meotti, Alberto, L'eliminazione dei termini teorici, in «Rivista di Filosofia», LX (1969), n. 2. La distinzione è da me accolta al solo fine di mettere in evidenza che i termini teorici non sono ricavabili induttivamente, per «scalata astraente»: possono essere sviluppati solo deduttivamente. Per converso i termini osservativi sono caratterizzati da uno sviluppo induttivo.Google Scholar

48. Salmon, Cosí Wesley C., Logic , Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1963, pp. 9091 (trad. it. Logica elementare, Bologna, Il Mulino, 1969). Ma è una definizione che appare, con poche varianti, in molti testi di logica.Google Scholar

49. «Connotazione» è anche usato in un significato piú lato, per le associazioni di idee evocate dall'uso di un termine. È inteso, pertanto, che qui uso connotazione nel suo significato piú stretto, come omologo di «intensione».Google Scholar

50. Smelser, Neil J., Notes on the Methodology of Comparative Analysis of Economic Activity , in Transactions of the Sixth World Congress of Sociology , Evian, International Sociological Association, 1966, vol. II, p. 103.Google Scholar

51. Gli esponenti piú noti di questa dottrina, che fa capo all'opera di Bentley, Arthur F., The Process of Government (del 1908), sono Earl Lathan e specialmente David Truman, con The Governmental Process (del 1951). Per la bibliografia vedi, infra, note 52 e 53.Google Scholar

52. Per il manifesto di questa conversione vedi Almond, Gabriel, A Comparative Study of Interest Groups and the Political Process , in «American Political Science Review», LII (1958), pp. 270282. In generale cfr. Eckstein, Introduction: Group Theory and the Comparative Study of Pressure Groups, nell'antologia cit., Comparative Politics. A Reader, pp. 389–397; e Fisichella, Partiti politici e gruppi di pressione: Introduzione, in Antologia di scienza politica, cit., spec. pp. 271–276.Google Scholar

53. Truman, David, che pure è il meno sfuggente degli autori in questione, esordisce, caratteristicamente, affermando «che una preoccupazione eccessiva per le definizioni è controproducente» (op. cit., p. 23). Per un approfondimento di queste riserve vedi Sartori, Giovanni, Gruppi di interese o gruppi di pressione? Una discussione sul neo-pluralismo , in «Il Mulino», VIII (1959), pp. 742. Ancor piú critico è Donald A. Strickland, Is there a Group Theory of Politics?, in «Il Politico», XXXV (1970), pp. 269–285.Google Scholar

54. Basti pensare alla mancata individuazione del fenomeno sindacale, sottinteso e mai fermato dalla rete concettuale dei gruppi di interesse.Google Scholar

55. Questi quattro concetti sono gli esempi analizzati nel mio articolo Concept Misformation in Comparative Politics, loc. cit.Google Scholar

56. Apter, David, Political Studies and the Search for a Framework , di prossima pubblicazione in Allen, C. e Johnson, W. (eds.), African Perspectives , Cambridge, Cambridge University Press.Google Scholar

57. da Erik Allardt, Cito, The Merger of American and European Traditions of Sociological Research: Contextual Analysis , in «Social Science Information», VII (1968), p. 165.Google Scholar

58. Tra le pochissime eccezioni vedi spec. i primi due capitoli del recentissimo The Methodology of Comparative Research, cit., rispettivamente di Holt e Turner e di Holt e Richardson (pp. 171). Questi autori svolgono peraltro il discorso metodologico a monte in tutt'altra direzione, rifacendosi a criteri di «deduzione paradigmatica» di cui non condivido il perfezionismo. Il volume a piú alto livello di approfondimento metodologico, per le scienze sociali in generale, è quello curato da Llewellyn Gross, Symposium on Sociological Theory: Inquiries and Paradigms , cit. Google Scholar

59. Beninteso, , sempre la letteratura metodologica, non quella «tecnologica». In primissimo luogo segnalerei il vol. curato da Paul F. Lazarsfeld e Morris Rosenberg, The Language of Social Research. A Reader, Glencoe, Free Press, 1955; ora riedito e rielaborato in due voll. da Raymond Boudon e Paul F. Lazarsfeld, Méthodes de la sociologie, Paris, Mouton, 1965–66, tradotto (omettendo «metodi» quando ci stava bene) con il titolo L'analisi empirica nelle scienze sociali, Bologna, Il Mulino, 1969. Segnalazione dalla quale già traspare la mia preferenza per Lazarsfeld, che mi induce a richiamare in questa sede il suo vol. già cit., Metodologia e Ricerca Sociologica. Per il settore specifico della comparazione collocherei in questo gruppo Przeworski, A. e Teune, H., The Logic of Comparative Social Inquiry, cit. Google Scholar

60. Flanigan, William e Fogelman, Edwin, Functional Analysis, nel vol. cit. Contemporary Political Analysis, distinguono tra 1) funzionalismo eclettico, 2) funzionalismo empirico (Merton), 3) analisi strutturale-funzionale (pp. 7279). Preciso subito che il mio discorso si applica solo all'analisi strutturale-funzionale, e, in questa, al solo contesto della scienza politica.Google Scholar

61. Almond, , The Politics of the Developing Areas , cit., p. 59. Sull'opera di Almond, che è l'autore di maggior spicco per l'analisi strutturale-funzionale, vedi l'introduzione e bibliografia di Gianfranco Pasquino, Per una teoria politica empirica alla trad. it. del vol. di Gabriel A. Almond e G. Bingham Powell, Politica comparata, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 7–34. Cfr. anche Giuliano Urbani, L'analisi del sistema politico, Bologna, Il Mulino, 1971, dedicato, per una buona metà, ad Almond.Google Scholar

62. l'altro, Tra, «funzione» sembra essere un costrutto teorico. L'esempio prescelto è dunque interessante non solo ad effetto della mobilita delle frontiere tra termini teorici e termini osservativi (supra nota 47), ma anche al fine di vedere — seguendo Carnap — le «regole di corrispondenza» che consentono di dare ai termini teorici quantomeno una «interpretazione parziale»: fermo restando che le osservazioni non danno al termine teorico il suo significato, ma che ne indicano le occasioni di applicabilità.Google Scholar

63. Quest'ultima accezione risale a Merton, Robert K., la cui preoccupazione era di separare funzione — definita come «conseguenza oggettiva osservabile» — da «disposizioni soggettive», e cioè fini, motivi e obiettivi ( Social Theory and Social Structure , Glencoe, Free Press, 1957, trad. it. Teoria e struttura sociale, vol. I: Teoria sociologica e ricerca empirica, Bologna, Il Mulino, 1971, p. 129, e passim pp. 121–224). L'accezione mertoniana è dunque giustificata da una preoccupazione di «osservabilità» intesa in chiave behavioristica e oggettivistica. Ma è altrettanto vero che questa messa a fuoco cerca una delimitazione rispetto alla onnicomprensività di «attività».Google Scholar

64. A conferma di questa obiezione cfr. Holt, Robert T., A Proposed Structural-Functional Framework , in Contemporary Political Analysis , cit., spec. 8890, la cui sottile analisi, che riprende e sviluppa l'accezione mertoniana, approda a un circolo vizioso che ne dimostra l'inconclusività.Google Scholar

65. Per un approfondimento vedi spec. l'antologia a cura di Demerath, Nicholas J., Peterson, Richard A., System, Change and Conflict , New York, Free Press, 1967, dedicata in larga parte al dibattito sul funzionalismo.Google Scholar

66. Su quest'ultima vedi, in via preliminare, Young, Oran R., The Impact of General Systems Theory on Political Science , in «General Systems», IX (1964).Google Scholar

67. Pasticciata, in primo luogo, in dottrina. Cfr., anche per le discordanze, Kaplan, Morton, Systems Theory , e Spiro, Herbert J., An Evaluation of Systems Theory, entrambi in Contemporary Political Analysis, cit.; Rapoport, Anatol, Some System Approaches to Political Theory , e Easton, David, Categories for the Systems Analysis of Politics, entrambi nel volume curato da Easton, Varieties of Political Theory, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1966. Per intendersi in concreto, e in prima approssimazione, diciamo che Easton si ascrive alla analisi sistemica (come è anche messo in evidenza dal titolo del suo volume di maggior impegno: A Systems Analysis of Political Life, New York, Wiley, 1965), laddove Almond appartiene alla analisi whole system. Le differenze tra i due costituiscono il motivo centrale del vol. cit. di Urbani, L'analisi del sistema politico. Google Scholar

68. L'autore che persegue questa impostazione con maggior consapevolezza è F. W. Riggs. Cfr. spec. The Comparison of Whole Political Systems, e Systems Theory: Structural Analysis , entrambi richiamati supra, nota 19.Google Scholar

69. Cfr. la critica alla analisi intera e la difesa di quella parziale di LaPalombara, , Parsimony and Empiricism in Comparative Politics: An Anti-Scholastic View , in The Methodology of Comparative Research , cit. Google Scholar

70. La preoccupazione avalutativa è dunque malposta perché una Zweckrationalität non è una Wertrationalität, una razionalità valutativa. Non lo è, tra l'altro, perché in sede di razionalità dei fini possiamo postulare l'equi-valenza, e cioè l'egual valore, di tutti i fini: talché possiamo recepire tutte le funzioni ipotizzabili, buone o cattive che siano.Google Scholar

71. cosiddette, Le «funzioni inintenzionali», non previste e forse nemmeno volute, possono essere assorbite come una sottoclasse delle funzioni descrittivamente intese, e cioè effettivamente espletate. Quanto alle «funzioni latenti», esse pongono un problema solo a chi le vorrebbe registrare in sede di effetti.Google Scholar

72. Un esempio di funzioni sistemiche ricavate da, e chiaramente riconducibili a, strutture sub-sistemiche è dato dalle tre originarie «funzioni di input» di Almond — rule making, rule application, e rule adjudication — che sono trasparentemente riferibili alle strutture governativo-legislative, amministrative e giudiziarie (The Politics of the Developing Areas, cit., p. 17). Queste tre funzioni sono ora riclassificate nel novero delle «funzioni di conversione» (cfr. Almond, e Powell, , Politica comparata , cit., spec. pp. 51 e 69).Google Scholar

73. Sia chiaro: una caratterizzazione strutturale che sia veramente tale rinvia, e presuppone, una meticolosa «descrizione strutturale» che è necessariamente lunga (infra nota 76) e anche difficile da sintetizzare. Per contro le caratterizzazioni funzionali sono brevi e di maggior soddisfazione: invece di descrivere, spiegano.Google Scholar

74. Per uno svolgimento in chiave di ingegneria politica debbo rinviare al mio saggio Political Development and Political Engineering , in Public Policy , Cambridge, Mass., Harvard Univ. Press, 1968 (vol. XVII), spec. pp. 261276 e 297–298.Google Scholar

75. Almond, e Powell, , Politica comparata , cit., p. 69.Google Scholar

76. È questo che intendo per «descrizione strutturale» (supra, nota 73). Tale è, nella fattispecie, il vol. di Mackenzie, William J. M., Free Elections , London, Allen & Unwin, 1958, che l'A. dichiara un «testo elementare»: eppure gli occorrono 180 pagine fitte.Google Scholar

77. Senza risalire per questo agli antropologi, basti ricordare la troppo supina ricezione di Merton, di Talcott Parsons, e di Marion J. Levy jr. (il piú influente divulgatore della scoperta della multi-funzionalità). Su questi antefatti prossimi vedi Walter Buckley, Structural-Functional Analysis in Modern Sociology, nel vol. coll. curato da Becher, H. e Boskoff, A., Modern Sociological Theory in Continuity and Change , New York, Dryden Press, 1957.Google Scholar

78. La scala di astrazione costituisce, pertanto, lo strumento per stabilire le «regole di corrispondenza» (in senso carnapiano) di «funzione» (supra, nota 62): e io direi addirittura le regole di trasformazione che la rendono riconducibile ad osservazioni.Google Scholar

79. Almond, e Powell, , Politica comparata , cit., pp. 4752 e passim. Il corsivo è mio.Google Scholar

80. Ibidem , p. 225.Google Scholar

81. Di Deutsch vedi spec. The Nerves of Government , New York, Free Press, 1963. In generale, cfr. Fagen, Richard R., Politics and Communication, Boston, Little Brown, 1966.Google Scholar

82. Basti notare che l'articolazione e l'aggregazione degli interessi si definiscono per esclusione reciproca, mentre comunicazione rischia di non avere un contrario. Cosa è, infatti, non-comunicazione?.Google Scholar

83. Cfr. Concept Misformation in Comparative Politics , loc. cit., nota 54.Google Scholar

84. Nella mia Tipologia dei sistemi di partito , in «Quaderni di Sociologia», XVII (1968), pp. 187226, propongo una tassonomia di base a sette voci [sistemi: 1) a partito unico, 2) a partito egemonico, 3) a partito predominante, 4) bipartitici, 5) di multipartitismo moderate, 6) di multipartitismo estremo, 7) atomizzati] che peraltro arriva subito, con le sottoclassi, a 10 voci (v. spec. pp. 225–226). Aggiungi che questa tipologia non include le situazioni fluide di gran parte del terzo mondo.Google Scholar

85. Cfr. a conferma, Scarrow, Howard A., The Functions of Political Parties: A Critique of the Literature and the Approach , in «Journal of Politics», XXIX (1967), pp. 770790. In questa rassegna critica, sottile per altri rispetti, i problemi di cui sopra non sono nemmeno intravisti.Google Scholar

86. Cfr. per tutti Almond: «per struttura intendiamo le attività osservabili che compongono il sistema politico. L'accennare a queste attività come aventi una struttura implica semplicemente che esse si verificano con una certa regolarità» ( Politica comparata , cit., p. 59). Si noti, per inciso, che anche le funzioni sono, per Almond, «attività» (mai meglio definite). Subito dopo Almond cambia definizione, forse nel tentativo di stringere qualcosa di piú: «per strutture intendiamo quei particolari insiemi di ruoli che sono collegati tra loro» (ibidem). La preoccupazione behavioristica è evidente. Altrettanto evidente è il risultato paradossale al quale approda il behaviorismo: di rendere inosservabile persino l'osservabile. Con un concetto di struttura configurato come in Almond, tutto e nulla sono strutture.Google Scholar

87. Ma vedrei benissimo la analisi di Dahl sulle condizioni, siti e strategie delle opposizioni, ritrascritta in chiave di «strutturazione delle opposizioni». Cfr. nel vol. da lui curato, Political Oppositions in Western Democracies , New Haven, Yale University Press, 1966, i capp. 11–12–13. Analogamente, le numerose ricerche sui gruppi di pressione potrebbero essere rivisitate, non senza frutto, in chiave strutturale.Google Scholar

88. Sulla piú generale debolezza metodologica e logica dell'approccio, e per altre severe critiche, cfr. Dowse, Robert E., A Functionalist's Logic , in «World Politics», XVIII (1966), pp. 607622; e Kalleberg, Arthur L., The Logic of Comparison, in «World Politics», XIX (1966), pp. 69–82.Google Scholar

89. Non sempre, e non necessariamente, beninteso. Per l'altra faccia della medaglia cfr. il vol. cit. curato da Easton, Varieties of Political Theory, e la sezione Political Theory nel vol. cit. Approaches to the Study of Political Science (pp. 51–121). Ma vedi soprattutto il caso di Robert A. Dahl, un autore che nel pieno rispetto dei canoni del behaviorismo, e anzi in chiave operazionale, è riuscito a darci, con A Preface to Democratic Theory , Chicago, Univ. of Chicago Press, 1956, il libro teoreticamente piú puntuale e penetrante di tutta la letteratura sulla democrazia. Ai nostri fini non è senza interesse notare che anche Dahl si è andato man mano spostando sul terreno comparato: e questo non solo nel volume cit. Political Oppositions in Western Democracies (al quale segue un secondo volume sulle opposizioni fuori dal contesto democratico), ma anche nel progetto su The Politics of the Smaller European Democracies, di prossima pubblicazione, di cui Dahl è il coordinatore. Il che aggiunge, ma non sposta, ad effetto della fecondità e finezza teoretica di un autore in apparenza cosí alieno della teorizzazione. Questo filo nascosto, e per esso la statura intellettuale di Dahl, è colto da Domenico Fisichella, Temi e metodi in scienza politica, Firenze, Sansoni, 1971, cap. VI.Google Scholar

90. Haas, Michael, Comparative Analysis , in «Western Political Quarterly», XV (1962), p. 303.Google Scholar

91. Resta aperto, per es., il problema di come l'analisi a livello degli Stati si rapporta all'analisi a livello internazionale. Cfr. David Singer, J., The Level-of-Analysis Problem in International Relations , nel vol. curato da Knorr, K. e Verba, S., The International System, Princeton, Princeton University Press, 1961, spec. pp. 9192. Ma questo è un problema di come saldare due o piú discipline che adoperano categorie diverse.Google Scholar

92. Mills, Wright, On Intellectual Craftmanship , in Gross, (ed.), Symposium on Sociological Theory , cit., p. 27. Il corsivo è mio.Google Scholar