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OPZIONI POLITICHE E VINCOLI MILITARI. IL “ DILEMMA DELLA SICUREZZA ” DEL 1914

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

Un governo decide di sviluppare il proprio armamento e di migliorare le proprie strategie militari, senza alcuna intenzione aggressiva, ma per garantirsi maggiore sicurezza. Di riflesso i governi degli altri Stati adottano misure analoghe. Il risultato è l'aumento di insicurezza per tutti — maggiore di quanto non fosse all'inizio dell'operazione. In circostanze di acuta tensione internazionale e in presenza di tecnologie e dispositivi strategici instabili, l'esito finale è un'altissima probabilità di guerra.

Type
Saggi
Copyright
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References

1 Mi limito a segnalare due lavori classici. Schelling, T., Arms and Influence , New Haven/London, Yale University Press, 1966. Qui lo scoppio della prima guerra mondiale è visto come caso esemplare della «dinamica del mutuo allarme» (pp. 221 e ss.). Per la verità Schelling sottoutilizza Tappa-rato concettuale del suo libro nell'analisi del primo conflitto mondiale, il cui inizio è imputato in definitiva alla instabilità della tecnologia delle mobilitazioni, alle mosse che «premiano la fretta» e alla «perdita di nervi» dei contendenti. Più articolata è l'analisi di Jervis, R., Perception and Misperception in International Politics, Princeton, Princeton U.P., 1976. Il dilemma della sicurezza è presentato qui come «modello della spirale», di cui lo scoppio della prima guerra mondiale è l'esempio più clamoroso. In questo quadro vengono introdotti da Jervis quegli elementi di analisi che saranno riorganizzati meglio in successivi lavori. Leggiamo, tra l'altro: «Se molto della teoria della deterrenza può essere visto in termini di gioco del pollo, i teorici della spirale mettono l'accento sulla rilevanza del dilemma del prigioniero» (p. 67). Infatti: «se il conflitto è strutturato come un dilemma del prigioniero (dove per ciascuno è meglio attaccare che aspettare, non importa se l'altro stia per attaccare o no), allora nessuna delle parti ha da fare predizioni sul comportamento dell'avversario, per decidere di fare subito la guerra» (p. 94). Questo ragionamento sta alla base della «spirale» che porta al primo conflitto mondiale.Google Scholar

2 Cfr. Rusconi, G. E., Sociologia, politologia, storiografia. Questioni generali e studio di un caso , in «Quaderni di Sociologia», 1985, n. 4/5, pp. 170208.Google Scholar

3 Jervis, R., Cooperation under the Security Dilemma , in «World Politics», XXX (1978), n. 2, pp. 167214. Dello stesso autore ricordiamo, oltre Perception and Misperception in International Politics, citato nella nota 1, The Illogic of American Nuclear Strategy, Ithaca, Cornell U.P., 1984 e con Lebow, R.N. e Stein, G., Psychology and Deterrence, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1985. Lo schema del dilemma nel testo è una libera versione di quello di Jervis a p. 211.Google Scholar

4 Ivi , p. 187.Google Scholar

5 Ivi , p. 183.Google Scholar

6 Ivi , p. 212.Google Scholar

7 Snyder, G.H., The Security Dilemma in Alliance Politics , in «World Politics», XXXVI (1984), n. 4, pp. 461495.Google Scholar

8 Ivi , p. 477.Google Scholar

9 The Great War and the Nuclear Age, numero speciale di «International Security», IX (1984), n. 1. Comprende i seguenti saggi: Kennedy, P.M., The First World War and the International Power System ; Howard, M., Men Against Fire: Expectations of War in 1914 ; Van Evera, S., The Cult of the Offensive and the Origins of the First World War , Snyder, J., Civil-Military Relations and the Cult of Offensive, 1914 and 1984 ; Lebow, R.N., Windows of Opportunity: Do States Jump Through Them? I saggi sono ora raccolti a cura di S.E. Miller sotto il titolo Military Strategy and the Origins of the First World War, Princeton, Princeton U.P., 1985. Noi ci serviremo degli originali.Google Scholar

10 Snyder, J., Civil-Military Relations, cit., p. 139. Questo saggio sintetizza le tesi del più ampio libro, The Ideology of the Offensive: Military Decision Making and the Disasters of 1914, Ithaca, Cornell U.P., 1984. L'autore non va confuso con Glenn Snyder di cui alla nota 7.Google Scholar

11 Lo studio classico rimane quello di Ritter, G., Der Schlieffenplan. Kritik eines Mythos , München, R. Oldenbourg, 1956. Lo studio più serio successivo è di Wallach, J. L., Das Dogma der Vernichtungaschlacht, Frankfurt aM., Bernhard u. Graefe, 1967. Tra i lavori più recenti: Schulte, B.F., Die deutsche Armee 1900-1914. Zwischen Beharren und Verändern, Düsseldorf, Droste, 1977; e Europäische Krise und Erster Weltkrieg. Beiträge zur Militärpolitik des Kaiserreichs, Frankfurt/Bern, Peter Lang, 1983. In lingua inglese segnaliamo la presentazione del libro di Ritter da parte di B.H. Liddell Hart (Praeger, New York, 1958), e dello stesso, A History of the World War, Boston, Little, Brown, 1935. Tra i lavori più recenti L.L. Farrar jr., The Short War: German Policy, Strategy, and Domestic Affairs. August-December 1914, Santa Barbara Ca., Abc-Clio, 1973 e i citati lavori di J. Snyder e Lebow.Google Scholar

12 Snyder, J., op. cit. , p. 115.Google Scholar

13 Brinkmanship è un felice intraducibile neologismo (anche se ormai non lo è più) della politologia americana. Ma la sua origine pare sia giornalistica se si prende come data di nascita un commento di Life del 1956 alla politica di Dulles definita come il muoversi sull'orlo della guerra (brink of war). Thomas Schelling — il più geniale dei teorici strategici degli anni '60 — mette a punto il concetto nel suo classico, The Strategy of Conflict , Cambridge, Harvard University Press, 1960.Google Scholar

14 Il caso Riezler esplode nel 1972 con la pubblicazione, a cura di Karl Dietrich Erdmann, dei diari e altri scritti, Tagebücher, Aufsätze, Dokumente, Göttingen, Vendenhoeck u. Ruprecht, 1972. Da allora la polemica non si è placata né sul grado di autenticità dei diari (si veda il dibattito sulla «Historische Zeitschrift» del 1983 e oltre), né sul valore storiografico da attribuire alla testimonianza di Riezler. In primo piano, a sostegno della autenticità dei diari e della loro estrema significatività c'è il già citato Erdmann; sul fronte opposto l'instancabile Fritz Fischer, Juli 1914: Wir sind nicht hineingeschlittert, Reinbeck, Rowohlt, 1983. In lingua inglese c'è una monografia dedicata a Riezler di Thompson, Wayne C., In the Eye of the Storm , Iowa City, University of Iowa Press, 1980.Google Scholar

15 Hillgruber, A., Die deutsche Politik in der Julikrise 1914 , in «Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken», 1981, n. 61, p. 170.Google Scholar

16 Qui Hillgruber fa proprie le tesi della «doppia strategia» di un altro importante studioso di questo periodo, Zechlin, E., Krieg und Kriegsrisiko. Zur deutschen Politik im Ersten Weltkrieg , Düsseldorf, Droste, 1979. Per una accurata rassegna critica del dibattito storiografico tedesco si veda il libro di Jäger, W., Historische Forschung und politische Kultur in Deutschland, Göttingen, Vandenhoeck u. Ruprecht, 1984. Per la letteratura inglese si veda il lavoro di Joll, J., Le origini della prima guerra mondiale, Bari, Laterza, 1985.Google Scholar

17 Lebow, R.N., Between Peace and War: the Nature of International Crisis , Baltimore, Johns Hopkins U.P. 1981, p. 119. Merita attenzione un'altra citazione: «I leader tedeschi erano di fronte ad un serio dilemma: dovevano scegliere tra una rischiosa guerra continentale e ciò che si profilava essere una pace disastrosa (nel caso facessero marcia indietro-G.E.R.). Forse il loro rifiuto di lasciar cadere l'illusione della neutralità inglese si comprende meglio come risultato della loro incapacità ad affrontare di petto questa decisione. Solo mantenendo la loro credenza nella neutralità inglese i leader tedeschi potevano negare la possibilità di negoziare valori importanti che quella scelta imponeva» (p. 134). Il libro di Lebow ha una specifica apertura metodologica alla psicologia della decisione politica, con la valorizzazione degli studi di Janis, Mann, Jervis e altri. In esso lo scoppio della prima guerra mondiale è solo un caso di studio accanto a quello della crisi di Berlino e della crisi dei missili a Cuba del 1962.Google Scholar

18 Van Evera, Stephen, Why Cooperation Failed in 1914 , in «World Politics», XXXVIII (1985), n. 1, pp. 80117. Il lavoro di Robert Axelrod cui si riferisce è The Evolution of Cooperation, Basic Books, New York, 1984, trad. it. Giochi di reciprocità, Feltrinelli, Milano, 1985. L'intero numero di «World Politics» sopra citato è dedicato a tentativi di verifica del modello di Axelrod in vari ambiti della politica internazionale — dalla corsa agli armamenti alla competizione economica, alle politiche bancarie. Segnalo il saggio di Robert Jervis, From Balance to Concert: A Study of International Security Cooperation, pp. 58-79, che prosegue le riflessioni sulle condizioni di cooperazione in situazioni di «equilibrio» e di «concerto», sulla linea di quanto abbiamo già rilevato nel testo nel quadro del dilemma della sicurezza.Google Scholar

19 «I fraintendimenti delle società europee distorsero le strutture dei payoff in quattro modi. 1) Accrescendo i vantaggi degli esiti DC e le penalità CD, aumentarono l'attrattiva della defezione opportunistica (per ottenere vantaggiosi esiti DC) e della defezione difensiva (per evitare disastrosi esiti CD); 2) Riducendo le differenze tra CC e DD, diminuirono l'attrattiva della cooperazione reciproca; 3) Suscitando il timore che gli altri avrebbero replicato con la defezione alla cooperazione, la defezione apparve più attraente in situazioni in cui ciascun giocatore aveva l'incentivo maggiore a defezionare se l'altro lo faceva; 4) Sollevando speranze che gli altri avrebbero replicato alla defezione con la cooperazione, la defezione apparve più attraente nella supposizione che gli altri avrebbero accettato un esito di sfruttamento a loro danno». Van Evera, , art. cit. , p. 99.Google Scholar

20 Riezler, K., Tagenbücher, Aufsätze, Dokumente , cit., p. 184.Google Scholar

21 Snyder, J., Civil-Military Relations …, cit., p. 129.Google Scholar

22 Lebow, R.N., The Soviet Offensive in Europe. The Schlieffen Plan Revisited? , in «International Security», IX (1985), n. 4, p. 69.Google Scholar

23 Van Evera, S., The Cult of the Offensive …, cit., scrive: «Muoversi per primi in una guerra preventiva può consistere nel colpire per primi o nel mobilitare per primi, se la mobilitazione mette in moto eventi che causano la guerra come nel 1914. Sono possibili tre classi di mosse d'anticipo (preemption): un attacco per contrastare in anticipo un attacco; un attacco per contrastare una mobilitazione; una mobilitazione per contrastare una mobilitazione», p. 64, n. 26.Google Scholar

24 «Russia had to strike to preempt a German preventive strike» , ivi, p. 88.Google Scholar

25 Queste tesi sono state sviluppate soprattutto da H.-U. Wehler, di cui è stato tradotto in italiano L'impero guglielmino, 1871-1918 , Bari, De Donato, 1981. Ma sono presenti anche in altri storici tedeschi. Per tutti, cfr. Mommsen, W., Die latente Krise des Deutschen Reiches 1909-1914 , in Just, L. (a cura di), Handbuch der Deutschen Geschichte, Frankfurt, 1973, pp. 1120; e Die Sprache des Historikers, in «Historische Zeitschrift», XXIV (1984), pp. 57-81. Per un primo bilancio della questione cfr. Schöllgen, G., Wemachte im Kaiserreich Politik?, in «Neue Politische Literatur», XXV (1980), p. 1, pp. 79-97.Google Scholar

26 Questa aspettativa aveva trovato corpo in una serie di incontri riservati agli alti vertici militari e statali sotto la regia personale del Kaiser. Il più noto agli storici è il cosiddetto Kriegsrat del dicembre 1912. Gli storici sono divisi nel valutare il significato effettivo di questo incontro. Alcuni lo considerano una vera e propria programmazione della guerra futura; altri lo vedono come un segno del nervosismo e della incertezza della gestione dell'imperatore Guglielmo. L'unico dato certo è la crescente disponibilità psicologica e tecnica alla guerra — soprattutto da parte dei militari. Si veda in proposito Röhl, J.C.G., An der Schwelle zum Weltkrieg: Eine Dokumentation über den ‘Kriegsrat’ vom 8. Dezember 1912 , in «Militärgeschichtliche Mitteilungen», XXI (1977), pp. 77134; e Schulte, B.F., Europäische Krise und Erste Weltkrieg, cit., pp. 18-40.Google Scholar

27 Lebow, R.L., The Soviet Offensive …, cit., p. 47; cfr., p. 56.Google Scholar

28 Snyder, J., Civil-Military Relations …, cit., p. 112.Google Scholar

29 Parlando in generale di vincoli, intesi nel doppio significato di freno all'azione e coazione all'agire, ci troviamo di fronte a tipi diversi. Sintetizzando quanto abbiamo detto, possiamo elencarne tre: vincoli imposti dalla tecnologia delle armi (in particolare alle loro caratteristiche di offesa e difesa); vincoli intrinseci alle concezioni strategiche (di grande piano e di esecuzione operativa); vincoli del processo decisionale, specificatamente legati al rapporto (istituzionale e di influenza informale) tra militari e civili. Con essi deve fare i conti ogni opzione politica.Google Scholar