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STABILITÀ, LEGITTIMITÀ E EFFICACIA DECISIONALE NEI SISTEMI DEMOCRATICI

Published online by Cambridge University Press:  14 June 2016

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Introduzione

La stabilità dei sistemi politici, interesse di lunga data, è un tema che ha ricevuto grande attenzione soprattutto nell'ultimo ventennio. Secondo alcuni autori, ciò è dovuto a certe preoccupazioni tipiche della politica estera americana: si vede nella cronica instabilità dei paesi del terzo mondo un terreno assai fertile per la diffusione del comunismo e dell'area di influenza sovietica. Motivazioni dello stesso genere sono state addotte anche per spiegare lo sviluppo di altri settori della scienza politica. Ad esempio, l'impulso avuto in questi anni dallo studio dello sviluppo politico viene fatto risalire proprio al bipolarismo della situazione internazionale e a taluni indirizzi della politica estera americana. È ben possibile che nuovi settori disciplinari ricevano una spinta determinante da situazioni storiche contingenti, oppure che motivi specifici riaccendano l'interesse degli studiosi su vecchi temi. Tuttavia resta il fatto che lo studio della stabilità dei sistemi politici, e delle sue condizioni, è stato sempre uno degli interessi centrali del pensiero classico e della scienza politica moderna. E i motivi di questo interesse sono agevolmente comprensibili se si pone attenzione ai problemi sollevati.

Type
Saggi
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References

1 Melanson, P. H. e King, L. R., Theory in Comparative Politics. A Critical Appraisal , in ≪ Comparative Political Studies ≫, IV (1971), p. 216.Google Scholar
2 Per un discorso piú approfondito su questo punto vedi Pasquino, G., Modernizzazione e sviluppo politico , Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 79.Google Scholar
3 Tra i grandi pensatori del passato che si sono occupati di questo tema si devono citare almeno Aristotele, Machiavelli, Hobbes e Tocqueville. Aristotele in piú punti della sua Politica fa riferimento alle condizioni di sopravvivenza di certe forme di sistemi politici (ad esempio, vedi il cap. XI del IV libro). Machiavelli affronta questo argomento soprattutto nei Discorsi. E in quali termini egli intenda la stabilità politica viene chiarito da Matteucci, N. in Niccolò Machiavelli politologo , in ≪ Rassegna Italiana di Sociologia ≫, XI (1970), soprattutto pp. 196201; e da Ingersoll, D. E. in Machiavelli and Madison: Perspectives on Political Stability, in ≪ Political Science Quarterly ≫, LXXXV (1970), pp. 259–280. La filosofia politica di Hobbes è tutta rivolta a fissare i termini necessari per l'esistenza di uno Stato stabile. Si veda in proposito la Introduzione di Bobbio, N. al primo volume delle Opere politiche di Hobbes, T., Torino, UTET, 1959. Tocqueville ne La Democrazia in America esamina piú in particolare le cause della durata di una democrazia. Vedi soprattutto il cap. IX della seconda parte del I libro.Google Scholar
4 Rinvio ad Pasquinelli, A., Nuovi principi di epistemologia , Milano, Feltrinelli, 1970, pp. 132151, e alla bibliografia ivi citata.Google Scholar
5 Per l'esatto significato di ≪ stato ≫ vedi Urbani, che richiama la definizione sistemica secondo cui ≪ stato del sistema ≫ è ≪ la condizione stabilizzata di un sistema, o di una sua parte, in un dato momento di tempo ≫. Urbani, G., L'analisi del sistema politico , Bologna, Il Mulino, 1971, p. 85.Google Scholar
6 Eckstein, H., Authority Relations and Governmental Performance , in ≪ Comparative Political Studies ≫, II (1969), p. 274.Google Scholar
7 Per quest'uso si deve risalire soprattutto a Feierabend, che definisce l'instabilità, cioè il contrario di stabilità, come ≪ comportamento aggressivo ≫. Cfr. Feierabend, I. K. e Feierabend, R. L., Aggressive Behaviors within Polities, 1948-1962: A Cross-National Study , in ≪ Journal of Conflict Resolution ≫, X (1966), p. 250. Per il significato in cui viene usato il termine ≪ ordine politico ≫ vedi piú avanti.Google Scholar
8 Spiro, H. J., Una valutazione della teoria dei sistemi , in Charlesworth, J. C., (ed.), Contemporary Political Analysis , New York, The Free Press, 1967, trad. it. Teorie e metodi in scienza politica, Bologna, Il Mulino, 1971, p. 235. Vedi anche il saggio di Kaplan, M. A., La teoria dei sistemi, nello stesso reader, pp. 212 e ss. Si noti che Easton rileva in chiave critica l'identificazione proposta dagli autori sistemici, tra stabilità ed equilibrio. Cfr. Easton, D., A Systems Analysis of Political Life, New York, Wiley & Sons, 19672, pp. 19–20.Google Scholar
9 Urbani, G., L'analisi del sistema politico, cit., p. 93. Oltre all'equilibrio stabile, esiste un equilibrio instabile e uno indifferente. Si dice che un sistema è in equilibrio instabile se ≪ allontanato dallo stato iniziale, tende ad allontanarsene sempre piú ≫; è in equilibrio indifferente semplicemente se ≪ allontanato dallo stato iniziale, prende un nuovo stato ≫. Cito da Bruschi, A., La teoria dei modelli nelle scienze sociali , Bologna, Il Mulino, 1971, p. 271. Esistono anche altri tipi di equilibrio, quali l'equilibrio dinamico o quello statico. Per essi rimando ancora a Bruschi e a Napoleoni, che ne propone una chiara formulazione matematica. Cfr. Napoleoni, C. (a cura di), Dizionario di economia politica, Milano, Comunità, 1956, pp. 1529–1531.Google Scholar
10 Tra i primi vedi Easton, D., Limits of the Equilibrium Model in Social Research , in Eulau, H., Eldersveld, S. J., Janowitz, M., (eds.), Political Behavior , Glencoe, The Free Press, 1956, anche per altre critiche. Tra i secondi Myrdal, G., Economic Theory and Underdeveloped Regions. London, Duckworth, 1957, trad. it. Teoria economica e paesi sottosviluppati, Milano, Feltrinelli, 1959, p. 181, e le altre sue osservazioni alle pp. 25–26.Google Scholar
11 Hall, A. D. e Fagen, R. E., Definitions of System , in General Systems Yearbook , a cura di von Bertalanffy, L. e Rapoport, A., vol. 1 (1956), p. 23.Google Scholar
12 Urbani, G., General Systems Theory: un nuovo strumento per l'analisi dei sistemi politici? , in ≪ Il Politico ≫, XXXIII (1968), p. 33. In altra sede, lo stesso Urbani propone una seconda definizione di stabilità. ≪ la stabilità di un sistema si ha allorché i mutamenti che lo riguardano non mettono in crisi le sue capacità di risposta alle tensioni ambientali ≫ (Urbani, L'analisi del sistema politico, cit., p. 89). Anche in questo caso sembra prevalere la preoccupazione di individuare le condizioni di stabilità, piuttosto che il volere definire questo termine. D'altra parte, bisogna riconoscere alla teoria dei sistemi il merito di avere evidenziato i rapporti intercorrenti tra sistema ed ambiente. Nel nostro caso questi rapporti devono essere visti non tanto rispetto agli strains, che vengono dall'ambiente, quanto rispetto alle risposte di adattamento — come rileva Urbani — che vengono dal sistema: la stabilità, qui studiata, dipende da condizioni interne al sistema.Google Scholar
13 Urbani, G., L'analisi del sistema politico, cit., p. 266, nota 20. Su questo punto vedi anche Loewenberg, G., The Influence of Parliamentary Behavior on Regime Stability , in ≪ Comparative Politics ≫, III (1971), p. 181.Google Scholar
14 Tra gli autori piú noti che danno alla stabilità questo significato, vedi, Lipset, S. M., Political Man. The Social Bases of Politics , New York, Doubleday & C., 1960, trad. it. L'uomo e la politica, Milano, Comunità, 1963, p. 46; Dahl, R. A., Who Governs?, New Haven, Yale University Press, 1961, p. 311, dove la stabilità è appunto la persistenza — intesa come capacità di durata — di certe caratteristiche democratiche; e Eckstein, H., A Theory of Stable Democracy, (1961), ora in Appendice, al suo Division and Cohesion in Democracy. A Study of Norway, Princeton, Princeton University Press, 1966, p. 227. Eckstein finisce con il ricondurre la stabilità alle sue condizioni, e in diversi punti del suo studio sulla Norvegia — il citato Division and Cohesion in Democracy — avvicina molto il significato di stabilità a quello di performance. A questo proposito vedi anche piú avanti.Google Scholar
15 Eckstein, H., A Theory of Stable Democracy, cit., p. 288. Contra vedi Jackson, R. J. e Stein, M. B., (eds.), Issues in Comparative Politics , New York, St. Martin's Press, 1971, p. 199.Google Scholar
16 Come precisa Sartori, la whole system analysis presuppone la conoscenza delle strutture che compongono il sistema. Lo studio del sistema intero presuppone lo studio del sistema segmentato; La politica comparata: premesse e problemi, in ≪ Rivista Italiana di Scienza Politica ≫, I (1971), pp. 5253.Google Scholar
17 Per maggiori chiarimenti sugli obiettivi del support vedi Easton, D., A Systems Analysis of Political Life , cit., capp. 11, 12, 13; e Urbani, , L'analisi del sistema politico, cit., pp. 237–240. Forzando un po' i termini della teoria eastoniana, Eckstein propone una quarta categoria tra gli obiettivi del sostegno, le direttive politiche. Vedi su questo punto H. Eckstein, The Evaluation of Political Performance: Problems and Dimensions, in ≪ Sage Professional Papers in Comparative Politics ≫, 1971 no. 01–017, p. 31. Parte di questo studio è stato tradotto col titolo Il rendimento dei sistemi politici, nella ≪ Rivista Italiana di Scienza Politica ≫, II (1972), pp. 27–70. In seguito richiamerò l'edizione inglese per la parte non tradotta; o altrimenti l'edizione italiana.Google Scholar
18 La definizione è di Easton, che precisa anche la differenza tra comunità politica e comunità sociale: A Systems Analysis of Political Life , cit., rispettivamente p. 117 e pp. 182–183. Superando la dimensione politica, potrebbe ipotizzarsi anche una stabilità del sistema sociale. Per alcune interessanti osservazioni su di essa e sul rapporto stabilità del sistema sociale-consenso, rimando a Partridge, P. H., Consent and Consensus, London, Pall Mall, 1971, pp. 81–92.Google Scholar
19 Anche questa definizione è tratta da Easton, D., A Systems Analysis ol Political Life , cit., pp. 193–4. Nelle pagine successive Easton illustra i fattori che compongono il regime, termine qui usato, a differenza di Easton, come equivalente di ≪ sistema politico ≫.Google Scholar
20 Sulla stabilità governativa è stato scritto molto, ma segnalerei tra gli studi piú recenti soltanto: Hurwitz, L., An Index of Democratic Political Stability: A Methodological Note , in ≪ Comparative Political Studies ≫, IV (1971), pp. 4168, e Taylor, M. e Herman, V.M., Party Systems and Government Stability, in ≪ American Political Science Review ≫, LXV (1971), trad. it. Sistemi politici e stabilità di governo , in Fisichella, D. (a cura di), Partiti e gruppi di pressione, Bologna, Il Mulino, 1972, pp. 223–242. Hurwitz, che nel suo articolo si occupa principal-mente di stabilità del sistema politico — come si vedrà piú avanti —, mette a punto un interessante indice di stabilità governativa. Anche per quest'indice si veda piú avanti. Molto stimolante è pure il rapporto tra stabilità governativa e partiti esaminato nei suoi diversi aspetti da Taylor ed Herman.Google Scholar
21 Eckstein, H., A Theory of Stable Democracy , cit., p. 229.Google Scholar
22 Neubauer, D. E., Some Conditions of Democracy , in ≪ American Political Science Review ≫, LXI (1967), pp. 10021009, e Flanigan, W. H. e Fogelman, E., Patterns of Political Development and Democratization: A Quantitative Analysis , in Gillespie, J. V. e Nesvolds, B. A., (eds.), Macro-Quantitative Analysis, Beverly Hills, Sage Publications, 1971, pp. 447–459. L'indice di Neubauer si basa, soprattutto, sugli aspetti elettorali dei regimi democratici ed è derivato dalle teorie di Downs, espresse in An Economic Theory of Democracy, New York, Harper & Row, 1957 (si vedano riassuntivamente le pp. 23–24), e di Dahl, R.A., proposte in A Preface to Democratic Theory, Chicago and London, The University of Chicago Press, 1956, in part. p. 84.Google Scholar
23 Per il senso in cui è usato il termine ≪ pluralismo moderato ≫ rinvio a Sartori, G., Tipologia dei sistemi di partito , in ≪ Quaderni di Sociologia ≫, XVIII (1968), pp. 187217.Google Scholar
24 Si noti la parziale coincidenza e diversità tra i due gruppi di requisiti. Per maggiori chiarimenti sull'indice di Flanigan e Fogelman, rinvio all'articolo già citato di questi due autori. Vedi nota 22.Google Scholar
25 Questi indicatori di repressione politica si possono ricavare, oltre che dall'articolo di Flanigan e Fogelman piú volte citato, da Hudson, M. C., Conditions of Political Violence and Instability: A Preliminary Test of Three Hypotheses , in ≪ Sage Professional Papers in Comparative Politics ≫, 1970, no. 01–005, p. 251; da Markus, G. B., e Nesvold, B. A., Governmental Coerciveness and Political Instability. An Exploratory Study of Cross-National Patterns, in ≪ Comparative Political Studies ≫, V (1972), pp. 235–236.Google Scholar
26 In questa sede prescindo dalla considerazione che nel caso di graduali mutamenti un sistema, già stabile, rimane tale perchè ha il tempo di adattarsi alle novità. E le condizioni di stabilità, quindi, rimangono inalterate. Ovviamente da un certo momento in poi, quando cioè i mutamenti saranno stati tali da cambiare il sistema, si dovrà parlare di stabilità di un altro sistema politico. Nel caso, invece, di importanti ed improvvisi mutamenti cambia il sistema; ma anche le condizioni che garantiscono la stabilità vengono modificate: cosí un sistema stabile può diventare instabile.Google Scholar
27 Eckstein, H., The Evaluation of Political Performance , cit., pp. 2831.Google Scholar
28 Ibidem , p. 31.Google Scholar
29 Gurr, T. R. e McClelland, M., Political Performance: a Twelve Nations Study , in ≪ Sage Professional Papers in Comparative Politics ≫, 1971, no. 01–018, pp. 1112, propongono un elenco dei mutamenti ≪ fondamentali ≫ di un sistema politico.Google Scholar
30 Cfr. Hurwitz, L., An Index of Democratic Political Stability, cit., p. 42.Google Scholar
31 Fisichella, D., Sviluppo democratico e sistemi elettorali , Firenze, Sansoni, 1970, p. 13. Vedi anche la definizione di Lipset, per il quale la legittimità ≪ implica la capacità del sistema di far sorgere e mantenere viva la convinzione che le istituzioni politiche esistenti siano le piú adatte per quella data società ≫; Lipset, , L'uomo e la politica, cit., p. 77.Google Scholar
32 Eckstein, H., Il rendimento dei sistemi politici , cit., p. 54.Google Scholar
33 Ibidem , pp. 5254.Google Scholar
34 Easton, I., A Systems Analysis, of Political Life, cit., pp. 311–340. Poi, per un interessante tentativo di operazionalizzazione del sostegno, vedi Trilling, R. J., Easton's Concept of Effective Support. Two Formal Models , in ≪Comparative Political Studies ≫, IV (1972), pp. 491507.Google Scholar
35 Vedi supra. Google Scholar
36 Al primo fattore, Lipset fa un rapidissimo accenno in L'uomo e la politica, cit., p. 79. Per un discorso piú ampio sulle ≪ ideologie legittimanti ≫, vedi ancora Easton, D., A Systems Analysis of Political Life, cit., pp. 291293.Google Scholar
37 La mia tesi sulle fonti della legittimità sarà meglio chiarita piú avanti.Google Scholar
38 Graham, G. J., Consenso e opposizione: una tipologia , in ≪ Rivista Italiana di Scienza Politica ≫, I (1971), p. 104. Graham indica anche certe condizioni necessarie per raggiungere un ordinato confronto tra governo e opposizione, e per mantenere la stabilità politica. Ma non distingue tra i diversi tipi di stabilità sopra indicati. Accenna anche alla differenza tra consenso e legittimità. Cfr. ibidem, pp. 96–102 e p. 107.Google Scholar
39 Partridge, P. H., Consent and Consensus, cit., p. 120; e in generale pp. 83-123. Sul consenso vedi anche R. A. Dahl, Who Governs?, cit., pp. 309-325; Budge, J., Agreement and the Stability of Democracy , Chicago, Markham Publishing Company, 1970 (che è un'applicazione all'Inghilterra delle teorie di Dahl dell' ≪ accordo differenziato ≫); e Lijphart, A., Towards Empirical Democratic Theory: Research Strategies and Tactics, in ≪Comparative Politics ≫, IV (1972), pp. 417–432.Google Scholar
40 Per questa distinzione vedi piú avanti.Google Scholar
41 Di Lipset vedi ancora L'uomo e la politica, cit. capp. 2 e 3; e The First New Nation , New York, Basic Books, 1963, pp. 207273, in cui esamina il rapporto tra i valori tradizionali e moderni e la stabilità politica nelle esperienze statunitense, inglese, canadese, francese e tedesca. Il ruolo della legittimità nella teoria del Lipset è messo bene in evidenza anche da Barry, B. M., Sociologists, Economists, and Democracy, London, Collier-MacMillan, 1970, pp. 63-74. Di Fisichella vedi il già citato Sviluppo democratico e sistemi elettorali, pp. 88–99.Google Scholar
42 Mi riferisco ai due studi già citati di Eckstein, , An Evaluation of Political Performance , e di Gurr, e McClelland, , Political Performance.Google Scholar
43 Dahl, R. A., Who Governs? , cit., pp. 305325.Google Scholar
44 Lijphart, A., Typologies of Democratic Systems , in ≪ Comparative Political Studies ≫, I (1968), p. 25.Google Scholar
45 Per la classificazione degli obiettivi del sostegno, vedi supra nota 17. La comunità politica non può essere uno degli obiettivi della legittimità, perché questa — come si è già visto prima — è un tipo di sostegno che si riferisce solo al regime e alle autorità.Google Scholar
46 Easton, D. e Dennis, J., The Child's Image of Government , in ≪ The Annals of the American Academy of Political and Social Sciences ≫, vol. 361 (1965), ripubblicato in Nelson, W. R., (ed.), American Government and Political Change, New York, Oxford University Press, 1970, pp. 8–24. La tesi di Easton e Dennis, a cui mi riferisco, è riproposta anche nel loro volume, Children in the Political System. Origins of Political Legitimacy, New York, McGraw-Hill, 1969, pp. 111–113. Abramson e Inglehart verificano questo processo di formazione del sostegno sistemico in Olanda, Francia, Stati Uniti ed Inghilterra: Abramson, P. R. e Inglehart, R., The Development of Systemic Support in Four Western Democracies, in ≪ Comparative Political Studies ≫, II (1970), pp. 419–442.Google Scholar
47 La definizione adottata è quella di Eckstein nel citato Il rendimento dei sistemi politici , p. 29. Rimando ancora Eckstein per una discussione piú completa di questi problemi e di quelli riguardanti le necessarie operazioni di riconoscimento, di conteggio (in base alle varietà e dimensione dei gruppi impegnati, all'area del sistema coinvolta nella violenza, alla durata dei disordini) e di misurazione del disordine civile; ed a Gurr e McClelland per un tentativo, in verità non molto soddisfacente, di operazionalizzare alcuni temi del disordine civile. Cfr. ibidem, pp. 29–51 e Gurr, e McClelland, , Political Performance, cit., pp. 17–30. Sul problema dell'ordine civile e della violenza c'è una amplissima letteratura. Vanno ricordati oltre a Feierabend, e Feierabend, , Aggressive Behaviors within Polities, 1948–1962: A Cross-National Study, cit.; a Hudson, , Conditions of Political Violence and Instability, cit., almeno i seguenti studi: Flanigan, W. H. e Fogelman, E., Patterns of Political Violence in Comparative Historical Perspective, in ≪ Comparative Politics ≫, III (1970), pp. 1–20; Gurr, T.R., Why Men Rebel, Princeton, Princeton University Press, 1970, di cui si parlerà piú avanti; Gurr, T.R., A Causal Model of Civil Strife: A Comparative Analysis Using New Indices, in ≪ American Political Science Review ≫, LXII (1968), pp. 1104–1124; Russett, B. M., Inequality and Instability: the Relation of Land Tenue to Politics, in ≪ World Politics ≫, XVI (1964), pp. 442–464.Google Scholar
48 Come già detto, nel calcolo della legittimità si guarderà meno agli ultimi due tipi di tumulti.Google Scholar
49 Per un esame piú particolareggiato di queste classificazioni, rinvio ancora a Gurr, e McClelland, , Political Performance , cit., pp. 2125.Google Scholar
50 A questo punto si innesterebbe, secondo alcuni, un ulteriore e importante problema teorico: chiarire meglio la linea di demarcazione che separa la coercizione, attività normale e necessaria in qualunque sistema politico, dalla repressione.Google Scholar
51 Vedi anche supra, per queste forme di repressione.Google Scholar
52 Eckstein, H., Il rendimento dei sistemi politici , cit., pp. 6264.Google Scholar
53 Hurwitz, L., An Index of Democratic Political Stability , cit., p. 51.Google Scholar
54 Questa è, in sostanza, la definizione proposta da G. Sartori nella Tipologia dei sistemi di partito, cit., p. 210. Vedi anche la sua distinzione, secondo il grado di accettazione del sistema, in partiti pro-sistema, di semi-accettazione e anti-sistema, in Sartori, G., Bipartitismo imperfetto o pluralismo popolarizzato? , in ≪ Tempi Moderni ≫, 1967, p. 12.Google Scholar
55 Aspetti che ho indicato nella prima parte di questo studio.Google Scholar
56 Cazzola, F., Consenso e opposizione nel Parlamento italiano. Il ruolo del PCI dalla I alla IV legislatura , in ≪ Rivista Italiana di Scienza Politica ≫, II (1972), pp. 7196. Viceversa per alcune considerazioni sul PCI partito anti-sistema vedi Fisichella, D., L'alternativa rischiosa. Considerazioni sul ≪ difficile governo ≫, in ≪ Rivista Italiana di Scienza politica ≫, II (1972), pp. 589–613.Google Scholar
57 Eckstein, H., Il rendimento dei sistemi politici , cit., p. 66.Google Scholar
58 Vedi supra. Google Scholar
59 Eckstein, H., Il rendimento dei sistemi politici , cit., pp. 6667.Google Scholar
60 In questa linea si può pensare, d'altra parte, ad un'altra forma di opposizione al sistema, espressa con l'ostacolare, sabotare o comunque impedire la esecuzione di certe politiche governative.Google Scholar
61 Eckstein, H., Il rendimento dei sistemi politici , cit., p. 67. Il corsivo è mio.Google Scholar
62 Sul significato di cultura suddita e cultura provinciale vedi piú avanti.Google Scholar
63 La definizione di Eckstein è: ≪ l'efficacia decisionale denota il grado in cui i sistemi politici prendono ed eseguono pronte e rilevanti decisioni in risposta a sfide politiche ≫; Eckstein, H., The Evaluation of Political Perfomance , cit., p. 65.Google Scholar
64 Per ora prescindo dalla considerazione delle cause e della genesi delle sfide.Google Scholar
65 Vedi piú avanti la distinzione eastoniana tra sostegno diffuso e sostegno specifico.Google Scholar
66 La necessità di prendere in considerazione gli outputs, invece che gli outcomes, è un altro dei motivi per i quali va preferito il termine ≪ efficacia decisionale ≫ ad ≪ effettività ≫: l'effettività tende a mettere l'accento piú, sui risultati. Il primo motivo per cui si è preferita l'≪ efficacia decisionale ≫ è facilmente intuibile: l'attributo ≪ decisionale ≫ è essenziale per cogliere esattamente questa seconda condizione di stabilità. Lo si vedrà anche a livello empirico.Google Scholar
67 Lipset, S. M., L'uomo e la politica , cit., p. 82.Google Scholar
68 Secondo Almond la capacità estrattiva di un sistema politico ≪ si riferisce alla portata delle prestazioni del sistema nell'attingere risorse materiali ed umane dall'ambiente nazionale ed internazionale ≫; la capacità regolativa ≪ si riferisce all'esercizio da parte del sistema politico del controllo sul comportamento degli individui e dei gruppi ≫ e consiste nell'impiego della coercizione per regolare il comportamento. Almond, G. A. e Powell, G. B., Comparative Politics: A Developmental Approach , Boston, Little Brown & Co., 1966, trad. it. Politica Comparata, Bologna, Il Mulino, 1970, p. 258 e pp. 259–260.Google Scholar
69 Lipset, S. M., L'uomo e la politica , cit., p. 77.Google Scholar
70 Almond, G. A. e Verba, S., The Civic Culture , Princeton, Princeton University Press, 1963, p. 230. A questo proposito Almond e Verba sostengono: ≪ I sistemi politici, se vogliono sopravvivere, devono… essere relativamente efficaci…, cioè quello che il governo fa deve essere abbastanza soddisfacente per i cittadini, cosí ch'essi non si rivoltino contro il governo ≫. Poi vedi Eckstein, H., A Theory of Stable Democracy, cit., pp. 228–229; e ancora Dahl, R. A., Polyarchy, New Haven e London, Yale University Press, 1971, p. 119. Di Dahl vedi anche le sue tesi sulle condizioni di mantenimento di una poliarchia, in particolare pp. 114-121. Il volume di Lijphart a cui Dahl si riferisce è lo studio sulla democrazia olandese. Cfr. Lijphart, A., The Politics of Accommodation: Pluralism and Democracy in the Netherlands, Berkeley, University of California Press, 1968.Google Scholar
71 Deutsch, K. W., Politics and Government. How People Decide Their Fate , Boston, Houghton Mifflin Co., 1970, pp. 196224. In tema di performance vedi anche gli interessanti suggerimenti di De Schweinitz, K. jr., On Measuring Political Performance, in ≪ Comparative Political Studies ≫, II (1970), pp. 503–511; e di Banks, A. S., Correlates of Democratic Performance, in ≪ Comparative Politics ≫ IV (1972), pp. 217–230. Questo autore mette a punto un indice di performance e lo correla con mutamento politico, urbanizzazione, istruzione, comunicazione, reddito nazionale e reddito pro-capite, esportazione e importazione. Ma l'impianto teorico della sua ricerca è molto esile. Infine, vedi anche Clarke, H. D e Kornberg, A., A Note on Social Cleavages and Democratic Performance, in ≪ Comparative Political Studies ≫, IV (1971), pp. 349–360, la cui tesi di fondo è che esiste un rapporto di inversa proporzionalità tra intensità delle fratture sociali e livelli di performance. Google Scholar
72 Eckstein, H., An Evaluation of Political Performance , cit., pp. 6878. L'operazionalizzazione dell'efficacia è tentata ancora da Gurr e McClelland in Political Performance, cit., pp. 48-69. Si noti, peraltro, la tesi di Hurwitz, che non distingue i due aspetti dell'efficacia e conclude che non ci sono indicatori di questo fattore, rimandando agli indicatori di legittimità, nel suo già citato An Iudex of Democratic Political Stability. Google Scholar
73 Per la piú chiara discussione della teoria delle crisi rinvio soprattutto a Verba, S., Sequences and Development nel volume collettaneo a cura di Binder, L. et al., Crises and Sequences in Political Development , Princeton, Princeton University Press, 1971. Per altre osservazioni critiche vedi anche Pasquino, G., Modernizzazione e sviluppo politico, cit., pp. 31–70; e Fisichella, D., Sviluppo democratico e sistemi elettorali, cit., pp. 14–23.Google Scholar
74 Deutsch, K. W., Politics and Government , cit., pp. 201204 e, ancora, il piú volte citato Eckstein, The Evaluation of Political' Performance, pp. 73–75. Curiosamente i due autori partono da presupposti teorici completamente diversi, come ho già messo in evidenza prima. Vedi Deutsch anche per gli interessanti indicatori della performance — non dell'efficacia decisionale —; ibidem, pp. 204–222.Google Scholar
75 Per una esposizione piú particolareggiata vedi Gurr, T. R., Political Performance , cit., pp. 5053.Google Scholar
76 Per un esame piú approfondito delle scale vedi ancora ibidem , pp. 5663.Google Scholar
77 Hurwitz, L., An Index of Democratic Political Stability , cit., pp. 4349.Google Scholar
78 Della stabilità sono state date spiegazioni storiche, politiche, culturali e sociologiche. Qui esamino solo le piú rilevanti teorie culturali (Almond e Eckstein), economiche (Lipset et al.), politiche (Huntington). E lascio da parte tutte le altre. Un cenno a parte meritano due teorie di origine, rispettivamente, politica e sociologica. La prima correla la stabilità con il bipartitismo e la instabilità con il pluripartitismo. Ma il tipo di stabilità di cui si parla in questa teoria è la stabilità governativa, e non sistemica, che è invece quella di cui tratta quest'articolo. Per questa teoria vedi Lijphart, A., Typologies of Democratic Systems, cit., pp. 8-10. Essa è anche sostenuta, piú o meno esplicitamente, da G. Sartori nei già citati Bipartitismo imperfetto o pluralismo polarizzato? e Tipologia dei sistemi di partito; ed era già presente anche in Partiti e sistemi di partito, Firenze, Editrice Universitaria, Anno Acc. 1964–65, passim. La seconda teoria è quella di Kornhauser, W., in The Politics of Mass Society , Glencoe, The Free Press, 1959. La tesi di fondo di Kornhauser è la seguente: una democrazia stabile è possibile solo se esiste una vigorosa vita associativa di gruppi e organizzazioni sociali intermedie. Solo cosí si potranno evitare le conseguenze destabilizzanti proprie delle moderne società di massa. Per Kornhauser la democrazia è per ciò stesso un regime stabile. Egli sembra non distinguere tra democrazie stabili ed instabili. Comunque le tesi di Kornhauser, anche se molto interessanti, sono marginali rispetto alla impostazione di studio assunta in questo articolo. Per altre osservazioni critiche sulla ≪ teoria delle società di massa ≫, rinvio a Eckstein, , A Theory of Stable Democracy, cit., pp. 280–283.Google Scholar
79 Almond, G. A. e Verba, S., The Civic Culture , cit., p. 31.Google Scholar
80 La cultura parrocchiale è una cultura con valori tradizionali ed è propria dei cittadini che hanno ben poca consapevolezza del sistema politico di cui fanno parte. La cultura suddita è tipica di coloro che si limitano a porre delle domande, senza partecipare alla vita del sistema. La cultura partecipante è una cultura in cui i membri del sistema politico sono orientati sia verso l'output, sia verso l'input. Nella realtà non si hanno mai queste forme ≪ pure ≫ di cultura, ma sempre forme miste: Almond, G. A. e Verba, S., The Civic Culture , cit., pp. 1726.Google Scholar
81 Ibidem , pp. 492-493.Google Scholar
82 Fisichella, D., Sviluppo democratico e sistemi elettorali , cit., pp. 4563, anche per altre critiche.Google Scholar
83 Melanson, P. H. e King, L. R., Theory in Comparative Politics , cit., p. 215. Vedi ancora, per altre osservazioni interessanti su questa teoria, Barry, B.M., Sociologists, Economists and Democracy, cit., pp. 48–52.Google Scholar
84 Eckstein, H., Division and Cohesion in Democracy , cit., p. 63, e vedi anche pp. 75–77.Google Scholar
85 Eckstein, H., A Theory of Stable Democracy , cit., pp. 225288.Google Scholar
86 Eckstein, H., Division and Cohesion in Democracy , cit., pp. 134136 e p. 196.Google Scholar
87 Per una esposizione piú particolareggiata delle basi psicologiche di questa teoria vedi ancora Eckstein, H., A Theory of Stable Democracy , cit., pp. 252262.Google Scholar
88 Mi riferisco ad Authority Relations and Governmental Performance , già citato.Google Scholar
89 È il piú volte citato The Evaluation of Political Performance. Google Scholar
90 Eckstein, H., A Theory of Stable Democracy , cit., pp. 283285.Google Scholar
91 Lipset, S. M., L'uomo e la politica , cit., pp. 44 e ss. Di Lipset si ricordi anche la interpretazione della stabilità in termini di valori culturali, accennata alla nota 41.Google Scholar
92 Rinvio allo studio di Lipset, citato nella nota precedente, per il calcolo di questi indici in 40 paesi europei e di lingua inglese e 20 paesi latino-americani.Google Scholar
93 Cutright, P. W., National Political Development: Its Measurement and Social Correlates , in Polsby, N. W., Dentler, R. A. e Smith, P. A., (eds.), Politics, and Social Life , Boston, Houghton Mifflin, 1963, pp. 569582; Smith, A. K. jr., Socio-Economic Development and Political Democracy: A Causal Analysis, in ≪ Midwest Journal of Political Science ≫, XII (1969), pp. 95–125; Needier, M. C., Political Development and Socio-Economic Development: the Case of Latin America, in ≪ American Political Science Review ≫, LXII (1968), pp. 889–897, dove si correla anche stabilità e partecipazione; dello stesso autore vedi anche Political Development in Latin America: Instability, Violence, and Evolutionary Change, New York, Random House, 1969, in cui Needier formula una propria teoria della stabilità sulla base di una tipologia dei mutamenti possibili in America Latina; e Duff, E. A. and McCamant, J. F., Measuring Social and Political Requirements for System Stability in Latin America, in ≪ American Political Science Review ≫, LXII (1968), pp. 1125–1143. Questi due autori considerano determinanti per la stabilità anche la capacità estrattiva, la capacità distributiva del sistema e la presenza di partiti istituzionalizzati.Google Scholar
94 Neubauer, D., Some Conditions of Democracy, cit., pp. 1007–1009; Hurwitz, L., Democratic Political Stability. Some Traditional Hypotheses Reexamined , in ≪ Comparative Political Studies ≫, IV (1972), pp. 476490. La tesi di Hurwitz è il risultato di una multivariate correlation analysis, in cui si sottopongono a verifica empirica tutti i fattori politici, economici, culturali che sono stati usati nella letteratura per spiegare la stabilità. Vedi anche Fisichella, Sviluppo democratico e sistemi elettorali, cit., p. 98.Google Scholar
95 L'autore piú acuto ed esauriente in tema di rapporti tra fattori socio-economici e democrazia è, a mio avviso, Dahl, in Poliarchy , cit., pp. 4980.Google Scholar
96 Eckstein, H., A Theory of Stable Democracy, cit., p. 276; e Sartori, G., Democracy, voce della International Encyclopedia of the Social Sciences , New York, MacMillan & The Free Press, 1968, vol. IV, trad. it. in Appendice a Democrazia e definizioni, Bologna, Il Mulino, 19693, p. 342. Vedi questi due autori anche per altre osservazioni.Google Scholar
97 Smith, A. K. jr., Socio-economic Development and Political Democracy , cit., pp. 124125.Google Scholar
98 Tangri, S., Urbanization, Political Stability and Economic Growth , in Finkle, J. L. e Gable, R. W., (eds.), Political Development and Social Change , New York, Wiley & Sons, 1971 2 , pp. 212226.Google Scholar
99 Eckstein, H., Division and Cohesion in Democracy , cit., p. 24.Google Scholar
100 Da un diverso punto di vista, si può sostenere che in paesi già sviluppati non si può parlare di ulteriore, rapido sviluppo economico, ma solo di ≪ crescita ≫ economica. Lo sviluppo, cioè, trasforma le strutture economiche tradizionali in strutture capitalistiche. E tale trasformazione non può piú avvenire in paesi che abbiano già un'economia di tipo capitalistico.Google Scholar
101 Olson, M. jr., Rapid Growth as a Destabilizing Force , in Finkle, J. L. e Gable, R. W., (eds.), Political Development and Social Change , cit., pp. 557568.Google Scholar
102 Huntington, S. P., Political Order in Changing Societies , New Haven, Yale University Press, 1968. Due autori hanno tentato di applicare, da punti di vista differenti, le ipotesi di Huntington all'India. Sono Brass, P. R., Political Participation, Institutionalization and Stability in India, in ≪ Government and Opposition ≫, IV (1969), pp. 23–53, e McDonough, P., Electoral Competition and Participation, in India: a Test of Huntington's Hypothesis, in ≪ Comparative Politics ≫, IV (1971), pp. 77–87.Google Scholar
103 Secondo Huntington, l'istituzionalizzazione è un processo di formazione e rafforzamento delle istituzioni all'interno del sistema politico. Un'istituzione è un'organizzazione politica o una procedura escogitata per mantenere l'ordine, risolvere le dispute, scegliere i leaders, e promuovere in questo modo una forma di convivenza tra gruppi sociali confliggenti. I parametri della istituzionalizzazione sono quattro: adattabilità-rigidità (che è funzione delle sfide ambientali superate, dell'età cronologica, generazionale e funzionale; quest'ultima dipende a sua volta dai mutamenti nelle funzioni principali); complessità-semplicità (corrisponde a una moltiplicazione di unità organizzative e funzionali); autonomia-subordinazione (data dal grado in cui l'istituzione è indipendente da altri gruppi sociali e ha proprie norme di comportamento); coerenza-disunione (dovuta al grado di consenso sui confini funzionali del gruppo e sulle procedure per risolvere i conflitti), Political Order in Changing Societies , cit., pp. 89 e 12–24.Google Scholar
104 Ibidem , pp. 7278.Google Scholar
105 Pasquino, G., Modernizzazione e sviluppo politico , cit., pp. 168183; anche per altre critiche.Google Scholar
106 per la differenza tra sostegno diffuso e sostegno specifico, Easton, D., A Systems Analysis of Political Life , cit., pp. 268 e 273; per la tesi della legittimità, fonte di sostegno diffuso, ibidem, pp. 278–288.Google Scholar
107 Vedi piú avanti.Google Scholar
108 I bisogni sono le domande espresse. Easton indica sei categorie di bisogni: aspettative, pubblica opinione, motivazioni, ideologie, in teressi, preferenze. Easton, D., A Systems Analysis of Political Life, cit., pp. 38–47. Interessante anche la classificazione dei bisogni proposta da Bay, C., Needs, Wants, and Political Legitimacy , in ≪ Canadian Journal of Political Science ≫, I (1968), pp. 242251; e la sua distinzione, potenzialmente utile, tra wants e needs. Want è un bisogno percepito che può non essere reale. Need è un bisogno reale, la cui continua negazione porta a risposte aggressive patologiche, ibidem, p. 242.Google Scholar
109 Feierabend, I. e Feierabend, R., Aggressive Behaviors within Polities, 1948–1962: A Cross-National Study , cit., p. 250; e Gurr, T. R., Why Men Rebel, cit., pp. 24–30. Di Gurr vedi anche Psycological Factors in Civil Violence, in ≪ World Politics ≫, XX (1968), pp. 245-278, che precede, anche in termini di maturazione teorica, il suo volume appena citato. Recentemente la teoria di Gurr, insieme ad altre teorie, è stata sottoposta a prova attraverso un survey condotto in una cittadina dell'Iowa (Stati Uniti), senza dare buoni risultati. Cfr. Muller, E. N., A Test of a Partial Theory of Potential of Political Violence, in ≪ American Political Science Review ≫, LXVI (1972), pp. 928–959.Google Scholar
110 La teoria della frustrazione e aggressività è ormai classica in psicologia. I primi a formularla sono stati Dollard, J. et al., Frustration and Aggression , New Haven, Yale University Press, 1939, trad. it. Frustrazione e aggressività, Firenze, Giunti e Barbera, 1967. L'autore che piú di recente l'ha ripresa è Berkowitz, L., Aggression: A Social Psychological Analysis, New York, McGraw-Hill, 1962.Google Scholar
111 Gurr, ad esempio, si rende conto che non sempre a una frustrazione corrisponde qualche forma di aggressione. Le reazioni psicologiche possono essere anche di diverso tipo, Why Men Rebel , cit., pp. 3037.Google Scholar
112 Rinvio ancora a Gurr per un discorso assai piú ampio su questi punti, ibidem , pp. 5991.Google Scholar
113 Su questo punto vedi Easton, , A Systems Analysis of Political Life , cit., pp. 85-149, in cui espone le sue teorie sui meccanismi culturali e strutturali dei processi di regolazione delle domande, sui processi di riduzione delle domande e sui canali di comunicazione.Google Scholar
114 A questo proposito vedi anche Mitchell, J. e Mitchell, W. C., Political Analysis and Public Policy: An Introduction to Political Science , Chigaco, Rand McNally, 1969, p. 307; anche se tutta la teoria di Mitchell sulla stabilità risente di concetti economici e, quindi, si muove in un ambito assai diverso da quello qui presentato, ibidem; pp. 257–329.Google Scholar
115 Essenziale sul problema della mobilitazione sociale è l'articolo di Deutsch, K. W., Social Mobilization and Political Development , in ≪ American Political Science Review ≫, LV (1961), pp. 493514, parzialmente tradotto in italiano col titolo Mobilitazione sociale e sviluppo politico , in Sartori, G. (a cura di), Antologia di Scienza politica, Bologna, Il Mulino, 1970, pp. 461–474. Qui vedi anche l'uso estremamente interessante, delle ≪ soglie ≫: la soglia di significatività, cioè ≪ il valore numerico al di sotto del quale non si può discernere alcun allontanamento significativo dal funzionamento abituale di una società tradizionale ≫; e ≪ la soglia di criticità di mutamenti significativi negli effetti collaterali, reali o apparenti, del processo di mobilitazione sociale ≫, ibidem, p. 466.CrossRefGoogle Scholar
116 Si noti il ruolo che svolge il fattore ≪ tempo ≫. Deve intercorrere un certo arco di tempo, piú o meno ampio, perché l'efficacia cresca in risposta alla crescita dei bisogni: le domande e i bisogni possono crescere con velocità molto maggiore dell'adeguamento delle istituzioni.Google Scholar
117 Della prima fonte di legittimità fa cenno Easton, D., A Systems Analysis of Political Life , cit., pp. 289310. Vedi anche Urbani, G., L'analisi del sistema politico, cit., pp. 243–244. Per quanto riguarda le ideologie legittimanti rinvio alla nota 36.Google Scholar
118 Per la correlazione stabilità-mobilitazione sociale vedi Pride, R. A., Origins of Democracy: A Cross-National Study of Mobilization, Party Systems, and Democratic Stability , in ≪ Sage Professional Papers in Comparative Politics ≫, 1970, no. 01–012, pp. 700708; per la correlazione stabilità-comunicazione vedi Lewis Taylor, C., Communications Development and Political Stability, in ≪ Comparative Political Studies ≫, I (1969), pp. 557–565. Si noti, peraltro, che i risultati della ricerca di Taylor non mostrano chiaramente questa correlazione.Google Scholar
119 Il rapporto crisi economiche-stabilità è discusso da Fisichella in Sviluppo democratico e sistemi elettorali , cit., pp. 9698.Google Scholar
120 Su questo punto vedi Lijphart, A., Typologies of Democratic Systems , cit., pp. 2225. Lijphart considera quell'abilità, insieme ad altre forme di abilità delle elites, un prerequisito necessario in una democrazia stabile.Google Scholar
121 Veri e propri comparati studi sulla stabilità non ce ne sono ancora. Forse fa eccezione solo il citato studio d'area di Needier sull'America Latina. Numerosi invece, sono gli studi sulla stabilità di singoli paesi. Oltre agli studi già detti (di Eckstein sulla Norvegia e Lijphart sull'Olanda) che sono i piú importanti, ci sono alcuni studi sulla Svezia. Vedi, ad esempio, Clark Carey, J. P. e Galbraith Carey, A., Swedish Politics in the Late Nineteen-Sixties: Dynamic Stability , in ≪ Political Science Quarterly ≫, LXXXIV (1969), pp. 461485; Tingsten, H., Stability and Vitality in Swedish Democracy , in Polsby, N., Dentler, R. A. e Smith, P. A., (eds.), Politics and Social Life, cit., pp. 582–588, e Stjernquist, N., Sweden: Stability or Deadlock? , in Dahl, R. A. (ed.) Political Opposition in Western Democracies, New Haven, Yale University Press, 1966, pp. 116–146. Fra gli studi su gli altri paesi, vedi infine: Hudson, M. C., Democracy and Social Mobilization in Lebanese Politics, in ≪ Comparative Politics ≫, I (1969), pp. 245–263; e Nord-linger, E. A., Democratic Stability and Instability: the French Case, in ≪ World Politics ≫, XVIII (1965), pp. 127–157.Google Scholar