Published online by Cambridge University Press: 21 November 2016
This essay explores the 1950s as a space of cultural transition through two bodies of iconic images: Tazio Secchiaroli’s 1958 reportage of Aiché Nanà’s striptease and Franco Pinna’s documentation of the rituals of mourning during his work in Salento with anthropologist Ernesto de Martino. Produced on the eve of the miracolo economico, these images are iconic condensations of the contrasting cultural horizons defining the national imaginary of 1950s Italy. Challenging the self-containment of these images, the essay journeys outside the frames into the surrounding historical, cultural and geographical landscapes. To explore how, through photography, Italy visually negotiated the persistence of the past and the advent of modernity, the author traces a genealogy of Italian photography from political action to paparazzismo and examines the significance of the ethnographic journey to the south. Pinna’s photography and de Martino’s ethnography emerge as sites where post-war Italy faces the intractable realities of death and the return of a ‘bad’ past. The essay investigates how ritual mourning engages the photographic image to reveal an amnesiac culture of the spectacle exposing Italy’s relation to history as a modern repressed.
Questo saggio esplora gli anni Cinquanta come spazio di transizione culturale partendo da due gruppi di immagini iconiche: il servizio fotografico dello striptease di Aiché Nanà realizzato nel 1958 da Tazio Secchiaroli e la serie fotografica sui rituali del lutto e tarantismo realizzata da Franco Pinna nel Salento con l’antropologo Ernesto de Martino. Queste immagini, scattate alla vigilia del miracolo economico, condensano iconicamente i contrastanti orizzonti culturali dell’immaginario nazionale italiano degli anni cinquanta. Il saggio sfida la chiusura iconica delle immagini con un viaggio nel circostante paesaggio storico, culturale e geografico. Attraverso una genealogia della fotografia italiana dalla foto politica al paparazzismo e un esame del viaggio etnografico al sud, l’autore esplora come l’Italia ha negoziato la persistenza del passato e l’avvento della modernità. Le foto di Pinna e il progetto etnografico di de Martino emergono come un luogo critico per capire come l’Italia del dopoguerra affronta l’intrattabile questione della morte e del ritorno del “cattivo” passato. Riflettendo su come il rituale del lutto confronta il mezzo fotografico rivelando l’amnesia della società dello spettacolo, l’autore mette in luce la particolare relazione che la cultura italiana intrattiene con la storia come un moderno represso.