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Saggio per l'edizione critica dell'Ovidio Metamorphoseos Vulgare di Giovanni di Bonsignori: II “Proemio” e l' “Esordio”

Published online by Cambridge University Press:  29 July 2016

Erminia Ardissino*
Affiliation:
Universitá Cattolica del Sacro Cuore, Milano

Extract

L'importanza del volgarizzamento e dell'allegorizzazione delle Metamorfosi ovidiane per opera di Giovanni di Bonsignori, meglio conosciuti con il titolo Ovidio Metamorphoseos Vulgare, che venne lora assegnato nelle edizioni a stampa, è dovuta alla larga diffusione che ebbero nel XV secolo e nei primi decenni del XVI. Terminato nel 1377, il testa ebbe una discreta divulgazione manoscritta e conobbe una prima stampa a Venezia nel 1497 “per Zoanne Rosso Vercellese ad instantia del nobile homo miser Lucantonio Zonta fiorentino” (ovvero Lucantonio Giunti), Sempre a Venezia “ad instantia del […] Lucantonio Zonta” seguirono una seconda edizione nel 1501 “per Christofolo de Pensa” e una terza nel 1508 “per Alexandro di Bandoni.” Nel 1517 e nel 1523 si ebbero ancora a Venezia altre due edizioni, ambedue “per Georgio de' Rusconi.” Nel 1519 fu pubblicato a Milano “in Minutiana officina,” per i fratelli da Legnano; nel 1520, ancora a Milano, “per Rocho et Fratello da Valle ad instantia de Miser Nicolò Da Gorgonzola.”

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Articles
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Copyright © 1993 by Fordham University 

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References

1 Le più ricche informazioni su Giovanni di Bonsignori sono oggi offerte dall'opera di Bodo Guthmüller, Ovidio Metamorphoseos Vulgare: Formen und Funktionen der volkssprachlichen Wiedergabe klassischer Dichtung in der italienischen Renaissance (Boppard am Rhein, 1981), 56–78; dello stesso autore: “Autor und Entstehungszeit des Libro imperiale,” Beiträge zum romanischen Mittelalter, herausgegeben von Kurt Baldinger (Tübingen, 1977), 393–405; Ballistreri, G., “Bonsignori Giovanni,” Dizionario Biografico degli Italiani (Roma, 1970), 12: 407–9; Paolo Cherubini, “Note sul Libro Imperiale di Giovanni Bonsignori (e sulla fortuna della figura di Cesare nel basso Medioevo),” Atti del Convegno di Messina sulla storiografia umanistica (1985) (in corso di stampa. Ho potuto vedere l'articolo di Cherubini grazie alla cortesia dell'autore).Google Scholar

2 Alla conclusione dell'opera si legge: “fornito negli anni del nostro signore jesu christo anni mccclxxvii e di ultimo del mese di novembre nella vigilia del glorioso apostolo messer santo andrea”: New Haven, Beinecke Library MS 688, f. 155r. Si veda più avanti la descrizione di questo manoscritto.Google Scholar

3 Lo Zambrini indica una ulteriore edizione lionese del 1559 ma si tratta de La vita et Metamorfoseo d’Ovidio, figurato et abbreviato informa d’Epigrammi da Gabriello M. Symeoni, pubblicato in quell'anno a Lione da Jean de Tournes. Cfr. Francesco Zambrini, Le opere volgari a stampa del sec. XIII e XIV (Bologna, 1884), 730; Concetto Marchesi, “Le allegorie di Giovanni dei Bonsignori,” in “Le allegorie di Giovanni del Virgilio,” Studi Romanzi 6 (1909): 120. Il censimento e la descrizione delle edizioni dell’ Ovidio Metamorphoseos Vulgare si trova in Guthmüller, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, 282–90. Per le informazioni relative all'incunabolo ho consultato l'esemplare conservato nella Biblioteca Queriniana di Brescia. Per le cinquecentine veneziane ho consultato gli esemplari conservati alla Biblioteca Marciana di Venezia, per le milanesi quelli conservati alla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.Google Scholar

4 Il precedente volgarizzamento di Arrigo Simintendi da Prato, risalente ai primi del Trecento ha una ricca tradizione manoscritta del XIV e XV secolo ma fu edito solamente nel 1852. Cfr. I primi cinque libri. Cinque altri libri. Gli ultimi cinque libri delleMetamorfosid’Ovidio volgarizzate da Ser Arrigo Simintendi da Prato, a cura di Casimiro Basi e Cesare Guasti (Prato, 1846–50). Guthmüller elenca ventidue manoscritti di quest'opera. Cfr. Guthmüller, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, 263–71.Google Scholar

5 Di questa edizione ho consultato l'esemplare presente alla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.Google Scholar

6 Cfr. Bodo Guthmüller, Studien zur antiken Mythologie in der italienischen Renaissance (Weinheim, 1986), 83–91; idem, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, 287–89.Google Scholar

7 LeMetamorfosid’Ovidio ridotte da Giovanni Andrea dell’Anguillara in ottava rima. Venezia, Giunti, B., 1561; Le Trasformazioni di Ludovico Dolce. Venezia presso Gabriel Giolito de Ferrarie fratel, 1553. Per le traduzioni delle Metamorfosi nel Cinquecento si vedano gli studi di Guthmüller, in particolare: Studien zur antiken Mythologie, 47–61; inoltre Daniel Javitch, “The Influence of the Orlando Furioso on Ovid's Metamorphoseon in Italian,” Journal of Medieval and Renaissance Studies 11 (1981): 1–21.Google Scholar

8 Marchesi, “Le allegorie,” 122. Si veda per un più completo raffronto Guthmüller, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, 71–78.Google Scholar

9 Questo modo di trasposizione in volgare del testo classico è stato recentemente studiato e definito da Rita Copeland, Rhetoric, Hermeneutics, and Translation in the Middle Ages: Academic Tradition and Vernacular Texts (Cambridge, Eng., 1991), 93.Google Scholar

10 Il vocabolo interlinguistica traduce la terminologia usata dalla Copeland che parla di “interlingual commentary.” Copeland, Rhetoric, Hermeneutics, and Translation, 93.Google Scholar

11 Marchesi, “Le allegorie,” 122–24.Google Scholar

12 Cfr. Guthmüller, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, 56–103.Google Scholar

13 Nella “Tavola dell'abbreviature” sono indicati tra i testi manoscritti utilizzati per la stesura: “Allegorie sopra le Metamorfosi d’Ovidio. Scritto a penna di Giulian Giraldi nostro Accademico”; “Esposizione delle Metamorfosi d’Ovidio. Scritto a penna del sopraddetto Pier del Nero”; “Un'altro [sic] volgarizzamento delle Metamorfosi. Testo a penna di Giovambattista Deti nostro Accademico”; “Un'altro [sic] volgarizzamento delle Metamorfosi. Testo a penna dello Stradino.” Vocabolario degli Accademici della Crusca (Venezia, 1612). Il primo volgarizzamento citato è quello di Simintendi, per questo l'opera del Bonsignori è indicata come un “altro volgarizzamento.”Google Scholar

14 Nelle edizioni a stampa non è riportato che il primo paragrafo del proemio, da “Glorioso et excelso patre, eterno idio […]” a “[…] per Ioanni de Bonsignore de la Città di Castello. Anno Dominice Incarnationis MCCCLXX [sic] die XX Marcii.”Google Scholar

15 Per il confronto con l'opera di Giovanni del Virgilio, tuttora inedita, ho utilizzato due manoscritti: quello della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino: MS H, III, 14 e quello della Pierpont Morgan Library di New York: M 938, e la parziale trascrizione offerta da Ghisalberti (Fausto Ghisalberti, Giovanni del Virgilio espositore delleMetamorfosi” [Firenze, 1933], 13–20). Per la tradizione di Giovanni Del Virgilio si vedano i recenti lavori di: Coulson, Frank T., “Pierpont Morgan Library MS M 938: A Newly Discovered Copy of Giovanni del Virgilio's Prose Paraphrase of the Metamorphoses,” Scriptorium 40 (1986): 255–56 e “New Manuscripts of the Medieval Interpretations of Ovid's Metamorphoses,” Scriptorium 44 (1990): 272–75. Utilissimo per un confronto è: TheVulgateCommentary on Ovid'sMetamorphoses“: The Creation Myth and the Story of Orpheus, ed. Frank Coulson, Toronto Medieval Latin Texts 20 (Toronto, 1991).Google Scholar

16 Il Libro Imperiale. Roma 1488. Su di esso, in particolare per l'attribuzione a Bonsignori e per la datazione, si veda il citato articolo di Guthmüller: “Autor und Entstehungszeit des Libro imperiale,” 393–405 (n. 1 supra)’, di grande utilità è l'articolo di Cherubini (n. 1 supra); si veda anche Marchesi, “Le allegorie,” 132–35.Google Scholar

17 Boccaccio, Giovanni, Genealogie Deorum Gentilium, a cura di Vincenzo Romano (Bari, 1951); Coluccio Salutati, De Laboribus Herculis, ed. Berthold Ullman (Zurich, 1951). Cfr. Concetta Carestia Greenfield, Humanist and Scholastic Poetics 1250–1500 (Lewisburg, Pa., 1981), 110–45; Berthold Ullman, The Humanism of Coluccio Salutati (Padova, 1963) 24; Ronald Witt, Hercules at the Crossroads: The Life, Works, and Thought of Coluccio Salutati (Durham, N.C., 1983); Charles Trinkaus, In Our Image and Likeness (Chicago, 1970) 2: 697–704.Google Scholar

18 Cfr. il “Proemio” e le ultime pagine del secondo capitolo dell’ “Esordio.”Google Scholar

19 Esso non corrisponde al “prologue extrinsecus” indicato da Minnis, poichè non tratta della scienza di cui si occupa l'opera ma presenta solo le caratteristiche generali di quest'ultima. Cfr. Minnis, A. J., Medieval Theory of Authorship (Philadelphia, 1988), 63–71.Google Scholar

20 “Proemio,” righe 13–15.Google Scholar

21 “Proemio,” righe 39–47. Cfr. Hugonis de Sancto Victore, Didascalicon de Studio Legendi: A Critical Text, ed. Buttimer, C. H. (Washington, 1939), I. xiii.Google Scholar

22 “Proemio,” righe 57–58.Google Scholar

23 Accessus ad auctores: Bernard d’Utrecht; Conrad d’Hirsau. ed. cr. a cura di Huygens, R. B. C. (Leiden, 1970), 78.Google Scholar

24 Minnis caratterizza l’accessus di tipo “C” per i seguenti argomenti trattati: titulus libri, nomen auctoris, intentio auctoris, materia libri, modus agendi, ordo libri, utilitas, cui parti philosophiae supponitur. Cfr. Minnis, Medieval Theory, 18–28 e Richard William Hunt, “The Introduction to the Artes in the Twelfth Century,” Studia Medievalia in Honorem admodum reverendi patris Martin R. J. (Bruges, 1948), 85–112. Sugli accessus ad auctores vedere, oltre ai già citati Minnis e Huygens: Quain, Edwin A. “The Medieval Accessus ad Auctores,” Traditio 3 (1945): 214–64; Bruno Nardi, “Osservazioni sul medievale Accessus ad auctores in rapporto all’Epistola a Cangrande,” Saggi e note di critica dantesca (Milano-Napoli, 1966), 268–305; Medieval Literary Theory and Criticism c. 1100–c. 1375: The Commentary Tradition, ed. Minnis, A. J. e Scott, A. B. (Oxford, 1988); Hexter, Ralph J., Ovid and Medieval Schooling: Studies in Medieval School Commentaries on Ovid's “Ars Amatoria,” “Epistulae ex Ponto,” and “Epistulae Heroidum” (München, 1986). Lo schema delle quattro cause più la spiegazione del titolo e la classificazione filosofica, è quello classico istaurato da Boezio con il commento dell’ Isagoge di Porfirio che aveva assunto, senza mutarsi in sostanza, un linguaggio aristotelico ad iniziare dall’XI secolo.Google Scholar

25 Cfr. Nardi, “Osservazioni,” 272.Google Scholar

26 Giovanni del Virgilio: “Repletus es quasi flumen sapientie et terram rexit anima tua et replesti in comparationibus enigmata et ad insulas divulgatum est nomen tuum.” Cfr. Torino H, III, 14, f. lr. Il testo della Vulgata è in realtà: “Et impletus est quasi flumen sapientia / et terram retexit anima tua / et replesti in comparationibus enigmata / ad insulas longe distulisti nomen tuum.” (Ecclus. 47: 16–17).Google Scholar

27 La “causa efficiens duplex” era una formula per indicare l'autore ispirato dallo Spirito Santo e nei prologhi aristotelici fu un modo importante per giungere alla considerazione critica dell’ “human auctor” (cfr. Minnis, Medieval Theory, 79–80 e 82–84).Google Scholar

28 Cfr. Fausto Ghisalberti, “Medieval Biographers of Ovid,” Journal of the Warburg and Courtauld Institutes 9 (1946) e, dello stesso autore, Arnolfo d'Orléans, un cultore di Ovidio nel secolo XII, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere 11 (Milano, 1932), 157–233; Giovanni di Garlandia, ”Integumento Ovidi,” un poemetto inedito del secolo XIII, a cura di Fausto Ghisalberti (Messina-Milano, 1933); Nogara, B., “Di alcune vite e commenti medievali di Ovidio,” Miscellanea Ceriani (Milano, 1910), 413–32.Google Scholar

29 Vedere il commento di Inferno IV: Giovanni Boccaccio, Esposizione sulla “Comediadi Dante, a cura di Giorgio Padoan (Milano, 1965), 199–202; Lechantin, M. De Gubernatis, “La biografia ovidiana di Sicco Polenton,” Athenaeum 1 (1913): 412–26.Google Scholar

30 Giovanni del Virgilio parla di due anni di differenza tra Ovidio e il fratello, cfr. Morgan M 938, f. 1v. Sulle cause dell'esilio, si veda Ghisalberti, “Medieval Biographers,” 33–35. Sugli pseudo-ovidiani si vedano le pagine 36–37 dello stesso articolo e Paul Lehmann, Pseudo-Antike Literatur des Mittelalters (Leipzig, 1927), 90–91.Google Scholar

31 Si tratta del commento alle Metamorfosi contenuto nel manoscritto lat. 8253 della Bibliothèque Nationale de Paris. Cfr. Ghisalberti, “Medieval Biographers,” 20 e 52.Google Scholar

32 Questa attenzione alla retorica è una forma di interesse letterario emergente nel XIII secolo, cfr. Minnis, Medieval Theory, 124–36. Il Minnis non rileva però l'uso di una terminologia corrispondente a: “forma di trattare generale.”Google Scholar

33 Cfr. Minnis, Medieval Theory, 122–24.Google Scholar

34 Alighieri, Dante, Opere minori. a cura di Mengaldo, P.V., Nardi, B. et al. (Napoli-Milano, 1979), 614 e nota. Cfr. Nardi, “Osservazioni,” 274–75.Google Scholar

35 Cfr. Minnis, Medieval Theory, 77.Google Scholar

36 L'etimologia da ovum si spiega per il fatto che Ovidio studia i quattro elementi che costituiscono il mondo simbolizzato dall'uovo. Morgan M 938, f. 3r. Bonsignori invece deriva dividitore dal nome: [Metamorfosi] d’Ovidi[t]o[r] che darebbe dividitore; cfr. “Esordio” I, 148.Google Scholar

37 Scriptores rerum mythicarum, ed. Georg Heinrich Bode (Celle, 1834), 175–76.Google Scholar

38 Cfr. Giorgio Padoan, “Tradizione e fortuna del commento all’ Eneide di Bernardo Silvestre,” Italia Medievale e umanistica 3 (1960): 227–40. La Cosmografia di Bernardo Silvestre è citata da Boccaccio nella sua Esposizione sulla “Comedia” di Dante, 134.Google Scholar

39 Francisci Petrarcae Opera Omnia (Basileae, 1554); Francesco Petrarca, Lettere Senili, volgarizzate da Giuseppe Fracassetti (Firenze, 1869), I: 240–59.Google Scholar

40 Timeo, 41D; Consolatio philosophiae, III, ix. Sembra possibile dedurre da una citazione che Bonsignori conoscesse le glosse al Timeo di Guillaume de Conches. Si veda “Esordio,” III, 420 e relativa nota.Google Scholar

41 Pur accennando al Grecismus, Bonsignori segue nella presentazione delle Muse lo stesso criterio seguito da Boccaccio nell’ Esposizione sopra la “Comedia” (n. 29 supra), 100–101. Bonsignori non attinge però da Boccaccio.Google Scholar

42 Bersuire, Pierre, Metamorphosis Ovidiana Moraliter Explanata, ed. Stephen Orgel (New York-London, 1979). Per la figurazione degli dei, Bersuire dichiara di avere consultato Petrarca: “habui consulere venerabilem virum magistrum Franciscum de Petato [sic] poetam […] qui prefatas imagines in quodam opere suo eleganti metro describit” (ff. 1v-2r). Vedere anche il libro III dell’Africa. Cfr. Francesco Petrarca, Africa, a cura di Nicola Festa (Firenze, 1976), III: vv. 136–241.Google Scholar

43 Guido Da Pisa, Fiore d'Italia, a cura di Luigi Muzzi (Bologna, 1824) 9–107. Cf. Guthmüller, “Autor und Entstehungszeit des Libro Imperiale,” 401.Google Scholar

44 Clerc, Charly, Les théories rélatives au culte des images (Paris, 1915); Cooke, John D., “Euhemerism, a Mediaeval Interpretation of Classical Paganism,” Speculum 2 (1927): 396–410.Google Scholar

45 Guthmüller, , Ovidio Metamorphoseos Vulgare (n. 1 supra), 267–79.Google Scholar

46 Corrisponde ad Heroides, XVII, 73–4: “utque ea non sperno, sic acceptissima semper / munera sunt, auctor quae pretiosa facit.”Google Scholar

47 Paul Oskar Kristeller, Iter Italicum (London-Leiden, 1967), 2: 519.Google Scholar

48 Iter Italicum, 1: 228.Google Scholar

49 Delle edizioni a stampa è qui considerato solo l'incunabulo perchè le successive sembrano tutte da esso dipendenti.Google Scholar

50 Dallo studio del restante testo appare che R è un descriptus di testimoni esistenti. Fino a metà del IV libro deriva da B. per la restante parte dipende da F. nello stemma sarà perciò indicato come R1 per la prima parte contenente solo il testo di Bonsignori, R2 per la parte contenente la traduzione di Simintendi e le allegorie di Bonsignori.Google Scholar

51 Agostini, Francesco, Testi trecenteschi di Città di Castello e dintorni (Firenze, 1978), 35.Google Scholar

52 Ho utilizzato come testo di confronto linguistico oltre al già citato di Agostini, Testi trecenteschi di Città di Castello e dintorni anche: Arrigo Castellani, “Frammenti d'un libro di conti castellano del Dugento,” Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza (1946–1976) (Roma, 1980), 2: 455–513.Google Scholar

53 Agostini, , Testi, 19–20, 62–63; Castellani, “Frammenti,” 2: 494–500. Non si danno esempi perchè riscontrabili nel testo ricostruito rispettando sempre gli usi di B.Google Scholar

54 Si veda, oltre ad Agostini, Testi, 21–26 e 32–33: Arrigo Castellani, “Dittongamento senese e dittongamento aretino nei dialetti dell’Italia mediana (In epoca antica),” Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza 1: 358–422 (relativamente a Città di Castello: 398–402).Google Scholar

55 Agostini, , Testi, 35.Google Scholar

56 Ibid., 74–75.Google Scholar

57 Ibid., 77–79.Google Scholar

58 Ibid., 88–95.Google Scholar

59 Intendi: “errante.” Si vedano le osservazioni linguistiche nel capitolo introduttivo.Google Scholar

60 Etica Nicomachea, I, II (1094B); I, V (1095b-1096a). La citazione corrisponde però solo genericamente ai passi suddetti.Google Scholar

61 Clotho, la filatrice; Lachesis (“Alatesis”), la fissatrice della sorte; e Atropos (“Antropos”), la fatalità della morte. I nomi delle Parche derivati certamente dal commento di Servio a Virgilio, che Bonsignori cita in altro luogo, sono qui conservati, come ogni altro nome, nella forma tradita da tutti i manoscritti. Cfr. Servii Gramatici, In Vergilii Carmina Commentarii, ed. Georgius Thilo et Hermannus Hagen (Leipzig, 1913), 1: 22.Google Scholar

62 La citazione biblica (“et impletus est quasi flumen sapientia / et terram retexit anima tua / in comparationibus enigmata / ad insulas longe distulisti nomen tuum.” Ecclus. 47: 16–17) costituisce l'incipit dell'esordio anche nell’ Expositio di Giovanni del Virgilio: “Repletus es quasi flumen sapientie et terram rexit anima tua et replesti in comparationibus enigmata et ad insulas divulgatum es nomen tuum.” Cfr. Ghisalberti, Giovanni del Virgilio (n.15 supra),13. Per il confronto con il testo di Giovanni del Virgilio ho utilizzato anche il manoscritto M 938 della Pierpont Morgan Library di New York e il manoscritto H III 14 della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.Google Scholar

63 Sebbene la citazione sia tratta da Sirach o Ecclesiasticus, non dall’Ecclesiastes, ho scelto la lezione di BULFUp invece di quella di T (si veda l'apparato critico) perchè così è riportato anche nell’ Expo sitio di Giovanni del Virgilio.Google Scholar

64 “Enigma est obscura sententia per occultam similitudinem rerum: ut Mater me genuit, eadem mox gignitur ex me. Cum signat aquam in glaciem concrescere, et eandem rursus effluere.” Joannis de Janua Catholicon. Mainz: Johann Gutenberg 1460, f. 58r.Google Scholar

65 “Obscurus sermo, quasi mirandus, fit enigma: / patrem progenies occidit matris in alvo; / quam mater genuit, generavit filia matrem.” Alexander de Villa-Dei, Das Doctrinale (Kritisch-exegetische Ausgabe bearbeitet von Dietrich Reichling: Berlin, 1893), vv. 2550–52. In realtà gli esempi dati da Bonsignori provengono ancora dal Catholicon: “Item de comendente exivit cibus: et de forti dulcedo. Signat ex ore leonis favum mellis extractum” (Joannis de Janua Catholicon, f. 5v).Google Scholar

66 Metafisica, 981b.Google Scholar

67 Metafisica, 983a.Google Scholar

68 “Musa, mihi causas memora […].” Aeneis, I, 8.Google Scholar

69 Si tratta della causa efficiente.Google Scholar

70 “Sulmo mihi patria est […]/ si quid id est, usque a proavis vetus ordinis heres / non modo fortunae munere factus eques.” Tristia, IV, x, 3–8.Google Scholar

71 Heroides. Per le identificazioni dei titoli medievali si veda Fausto Ghisalberti, “Medieval Biographers of Ovid,” The Journal of Warburg and Courtauld Institutes 9 (1946): 10–14.Google Scholar

72 Amores. Cfr. Ghisalberti, “Medieval Biographers,” 12.Google Scholar

73 Le informazioni sulla vita di Ovidio erano tratte dai Tristia, IV, 10, 9–32. Riguardo alle variazioni del nome del fratello si veda: Ghisalberti, “Medieval Biographers,” 29, nota 5. Bonsignori corregge Giovanni del Virgilio relativamente all’ età del fratello, questi parlava infatti di due anni di differenza.Google Scholar

74 “Sponte sua carmen numeros venebat ad aptos, / et quod temptabam dicere versus erat.” Tristia, IV, 10, 25–26.Google Scholar

75 Si riferisce forse ai versi di Amores, III, xii, 29: “Iam mea votiva puppis redimita corona.” Oppure interpreta male il testo di G. d. V.: “Composuit secundo de sine titulo in quo corinam assumpsit pro materia ut ibi patet” (Cfr. Ghisalberti, “Medieval Biographers,” 15).Google Scholar

76 Si tratta, qui e nei seguenti casi, di Ottaviano.Google Scholar

77 “Inscius Actaeon vidit sine veste Dianam.” Tristia, II, 105. Sulle varie cause dell’ esilio secondo le diverse biografie medievali si veda Ghisalberti, “Medieval Biographers,” 33–35.Google Scholar

78 Si tratta di Atteone.Google Scholar

79 Metamorphoses, III, 200 e seg.Google Scholar

80 Fastes. Google Scholar

81 Remedia amoris. Google Scholar

82 Forse si tratta del De Copa, non dell’ Ibis (De Ibide) come aveva supposto Ghisalberti. Cfr. Ghisalberti, Giovanni del Virgilio, 16. Sul poemetto, che è stato attribuito anche a Virgilio, si veda: De Witt, Norman W., Vergil's Biographica Litteraria (Toronto, 1923), 66–70.Google Scholar

83 Il De Nuce e il De Pulice erano nel medioevo comunemente attribuiti a Ovidio. Cfr. Tarrant, R. J. “Pseudo-Ovid: Nux,” Texts and Transmission, ed. Reynolds, L. D. (Oxford, 1983), 285; Lenz, F. W., “De Pulice Libellus,” Maia: Rivista di Letterature Classiche XIV (1962): 299–333; Paul Lehman, Pseudo-Antike Literatur des Mittelalters (Leipzig, 1927), 90–91.Google Scholar

84 Salvatore Battaglia, Il Boezio e l'Arrighetto nelle versioni del Trecento, a cura di Salvatore Battaglia (Torino, 1929) e Henrici Septimellensis, Elegia sive de miseria, a cura di Aristide Magno (Padova, 1926). Nellibro III dell'Elegia, dopo aver parlato di Ovidio, Seneca, e Boezio, morti in disgrazia, Arrigo parla del merito che deriva dal dolore e dalla fatica.Google Scholar

85 Cfr. Giovanni del Virgilio, “In hoc quod dicit terram.”Google Scholar

86 Si tratta in realtà della prosa seconda del quarto libro della Consolatio philosophiae: “Est igitur praemium bonorum, quod nullus deterat dies, nullius minuat potestas, nullius fuscet improbitas, deos fieri.”Google Scholar

87 Si tratta di Agave, cfr. Metamorphoses, III, 725.Google Scholar

88 Si tratta di Pentheus, cfr. Metamorphoses, III, 692. Bonsignori segue qui uno dei manoscritti dell’Expositio di Giovanni del Virgilio che tramanda “cervum,” come si legge nel MS H III 14 di Torino e nel Braidense AF. XIV, 21 (Milano). Si veda l'osservazione di Ghisalberti, Giovanni del Virgilio, 18 nota 43. Tuttavia il Morgan Library codice M 938 di New York tramanda “aprum,” lezione da ritenersi corretta perchè in accordo con la narrazione ovidiana.Google Scholar

89 Cfr. del Virgilio, Giovanni: “Unde ergo transmutatio est materia huius libri.”Google Scholar

90 Questo è l'unico accenno alla parte di filosofia cui apparterrebbero le Metamorfosi. Bonsignori intenderebbe dunque non l’ etica, ma la filosofia naturale.Google Scholar

91 Bonsignori evita la spiegazione etimologica da “ovum” distanziandosi perciò da Giovanni del Virgilio.Google Scholar

92 Cfr. Giovanni del Virgilio: “Metamorphoseos est nomen grecum et dicitur a ‘metha’ quid est ‘de’ et ‘morphoseos’ quid est transmutationis.” Bonsignori aggiunge una interpretazione significativa. Confondendo μετά con μῆτις, egli giustifica la lettura in chiave fisica delle Metamorfosi. Google Scholar

93 Qui termina l’accessus in Giovanni del Virgilio ed inizia l'esposizione del testo delle Metamorfosi. Bonsignori la include nell’ “Esordio” fino alla prima trasmutazione.Google Scholar

94 Nelle tre citazioni si tratta dei primi versi delle Metamorfosi “In nova fert animus mutatas dicere formas / corpora: di, coeptis (nam vos mutastis et illas) / adspirate meis primaque ab origine mundi / ad mea perpetuum deducite tempora carmen. / Ante marem et terras […]” (Metamorphoses, I, 1–5).Google Scholar

95 Cfr. Giovanni del Virgilio:Google Scholar

“Primo ergo potest dici ‘Animus meus fert’ id est desiderat dicere id est canere vel describere sicut proprium est poetarum formans [sic] vinctas in nova corpora. Sed debemus dici corpora in novas formas. Sed isti male dicunt. Nam sicut ipsi dicunt quod forme non mutantur in corpora, ita nec corpora in formas. Ratio est quia corpus de predicamento substantie et forma est de predicamento qualitatis. Sed impossibile est res predicamentorum ad invicem transmutari. Ergo nec forme in corpora nec corpora in formas transmutabuntur. Ideo dico aliter sive quod debet exponi per ypalage […].”

Ghisalberti, Giovanni del Virgilio (supra n.15), 19; cfr. Morgan 938, 3v.

96 Non ho potuto trovare il riferimento in Donato. La citazione “dà li venti a le navi” è tratta da Virgilio, Aeneis, III, 61: “et dare classibus Austros” che costituisce l'esempio di ipallage riportato dal Catholicon. Anche Servio definisce l'ipallage portando lo stesso esempio in Aeneis: “Volvere casus, id est casibus volvi. Et est figura hypallage, quae fit, quotienscumque per contrarium verba intelliguntur, ut dare classibus austros, cum ventis navis demus, non navibus ventos.” (Servii, In Vergilii [n.62 supra], 1:15).Google Scholar

97 Nella difficoltà di questo passo mi sono attenuta a Giovanni del Virgilio: “Eodem modo est hic ut dicas formas mutatas in corpora nova id est corpora mutata in formas novas, sive assumendas. Non quia corpora mutentur in formas, sed quia corpora assumunt novas formas et hoc est possibile nam secundum […].” Ghisalberti, Giovanni del Virgilio, 19; Morgan 938, 3v.Google Scholar

98 Aristotele, , Organon, 4a.Google Scholar

99 “Ante mare et terras […].” Metamorphoses, I, 5. La precedente citazione (“perciò che poi […]”) traduce i primi quattro versi del primo libro delle Metamorfosi: “In nova fert animus mutatas […].”Google Scholar

100 “Sanctius his animai […].” Metamorphoses, I, 75.Google Scholar

101 “[…] quisquis fuit ille” Metamorphoses, I, 32Google Scholar

102 “… hanc si Threicio Boreas emissus ab antro verberet….” Consolatio philosophiae, I, iii, 7. Per Buoia si intenda la Borea.Google Scholar

103 “Eurus ad Auroram Nabataeque regna recessit / Persidaque et radiis iuga subdita matutinis / vesper et occiduo quae litora sole tepescunt, / proxima sunt Zephiro: Scythiam septemque triones / horrifer invasit Boreas: contraria tellus / nubibus adsiduis pluviaque madescit ab Austro.” Metamorphoses, I, 61–6. Giovanni del Virgilio dice: “illius hominis anabath, qui fuit filius usurarcis [sic], qui fuit de generatione axabat (abac, Torino H III 14) et ad iuga perfidi regis persei filli darii regis.” Morgan M 938, 6r.Google Scholar

104 Leggasi: “Borea.”Google Scholar

105 Timeo, 39E.Google Scholar

106 Per la battaglia di Giove contro i giganti si veda: Metamorphoses, I, 156–60.Google Scholar

107 Aeneis, IV, 173–97.Google Scholar

108 Metamorphoses, XII, 43–63.Google Scholar

109 Aeneis, IV, 173–98. Il riferimento a Servio si trova nel commento a Aen. IV, 179.Google Scholar

110 Dante, , Inferno, XXIV, 49–51. La “Divina Commedia” secondo l'antica vulgata, testo critico curato da Giorgio Petrocchi per l’Edizione Nazionale (Milano, 1967).Google Scholar

111 Incominciando dalla frase successiva, Bonsignori ha seguito, traducendo quasi letteralmente, il testo del terzo Mitografo Vaticano, fabula 6: “Pluto.” Cfr. Scriptores rerum mythicarum Libros XX, ed. Georg Heinrich Bode (Celle, 1834), 175 e seguenti.Google Scholar

112 La fonte di Bonsignori è ancora il Terzo Mitografo: “Nam et Aeneas illic occiso Miseno, et Ulixes occiso Elpenore sacra ista complevit” (Mit. Vat., III, 6, 2). Cfr. Aeneis, VI, 162–174; Odissea, XI, 55–83.Google Scholar

113 De Sacris Egyptorum, in Myth. Vat. III, 6, 3. L'informazione è desunta da Servio in Aen. VI, 154. Si veda anche Giovanni Boccaccio, Genealogie Deorum Gentilium, a cura di Vincenzo Romano (Bari, 1951), I: 135.Google Scholar

114 Si tratta di Osiride ed Iside. La fonte è sempre il Terzo Mitografo Vaticano, fabula 6. 3.Google Scholar

115 Cfr. Aeneis, IV, 329.Google Scholar

116 Fiamba = fiamma, per ipercorrettismo della geminata. Cfr. Rohlfs, G., Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti (Torino, 1966), 1: 334.Google Scholar

117 La fonte di Bonsignori è ancora, qui come nelle righe successive, il Terzo Mitografo che è tradotto assai fedelmente (Mit. Vat. III, 6, 4–8). Si tratta di teorie di derivazione platonica ben note non solo attraverso il commento di Guglielmo di Conches ma anche attraverso testi di più larga diffusione. Cfr. Timeo, 41d; Guillaume de Conches, Glosae super Platonem, ed. Eduard Jeauneau (Paris, 1965), 211; Boethius, Consolatio philosophiae, III, ix; Aeneis, VI, 750; Dante, Paradiso, IV, 49–63.Google Scholar

118 La fonte è sempre il Terzo Mitografo Vaticano, 6, 8.Google Scholar

119 In diversi luoghi del De rerum natura si parla dei fiumi infernali. Sul Lete come causa di “oblivione” si veda IV, 763–768.Google Scholar

120 Qui Bonsignori termina di utilizzare il Mitografo Vaticano Terzo, fabula 6, 7.Google Scholar

121 I nomi delle ninfe sono assai alterati, ma corrispondono a: Nereides, Oreades, Limonides, Hamadryades, Naiades, Naides, Dryades, Napaeae. (Cfr. Paulys Realencyclopädie der klassischen Altertumswissenschaft [Stuttgart, 1937], 17: 1532). Si veda il commento di Servio, Aen. I: 500 (“nymphae montium Oreades dicuntur, silvarum Dryades, quae cum silvis nascuntur Amadryades, fontium Napeae vel Naides, maris vero Nereïdes”).Google Scholar

122 Purides = Pieridi.Google Scholar

123 Cap. VII, 1–2: “Nomina Musarum doctrinarumque suarum nunc explanabo […].” Eberhardi Bethuniensis, Graecismus, ed. Joh. Wrobel (Bratislava, 1887), 22.Google Scholar

124 Urania.Google Scholar

125 Cfr. la presentazione delle Muse e del loro significato in Boccaccio, Esposizione sopra laComediadi Dante, a cura di Giorgio Padoan (Milano, 1965), 100–101.Google Scholar

126 Urania.Google Scholar

127 Georgica, I, 1–11. “Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris/ Italiam fato profugus Laviniaque venit/ litora […].” Aeneis, I, 1–3.Google Scholar

128 Non ho potuto trovare l'esatta citazione; l’Ilias latina inizia con una formula simile ma non identica: “Iram pande mihi Pelidae, Diva […].” Baebi Italici, Ilias Latina, a cura di Marco Scaffai (Bologna, 1982) 79.Google Scholar

129 “Coeptis, mater amoris, ades.” Ars amatoria, I, 30.Google Scholar

130 La restante parte del secondo capitolo, cioè da riga 309 a riga 334 manca in T, che passa direttamente al terzo capitolo.Google Scholar

131 “Bella per Emathios plus quam civilia campos, / iusque datum sceleri canimus […].” De bello civili, I, 1–2.Google Scholar

132 Sap. 14: 15–21.Google Scholar

133 Si legga: “rafforzandosi,” da “convalesco.” Cfr. “convalescente iniqua consuetudine.” Sap. 4: 16.Google Scholar

134 Ninive.Google Scholar

135 Cfr. Eusebius, Chronicon, I, 13.Google Scholar

136 Quaestiones naturales, II, xlii.Google Scholar

137 Thebaidos, III, 661.Google Scholar

138 De natura deorum, II, xxiii–xxvii.Google Scholar

139 Cfr. “Sunt praeterea qui dicant, Saturnum in progressu nihil nocere; quum vero retrogradus est, esse nocuum, ideoque eum falcem habere, quod et ipsa in propulsu nihil valet, retroacta vero, quidquid ei occurrerit, secat, […]. Mit. Vat. III, 155 (n. 111 supra).Google Scholar

140 Questa è la lezione che comunemente indica le Etymologiae di Isidoro di Siviglia. Si trovano anche le seguenti lezioni: “Teolomie,” “Temolofie.” L'autore è indicato come santo Isidoro ma si trovano anche le lezioni: “Isidero” e “Sidero” per Isidoro.Google Scholar

141 “Falcem tenet, inquiunt, propter agriculturam significandam, vel propter tempora et annos, quod in se redeant, vel propter sapientiam, quod intus acuta sit.” (Etymologiae, VIII, xi, 32).Google Scholar

142 Macrobii, , Saturnalia, I, X, 18–23; il riferimento più esplicito nei Fastes è I, 163: “bruma novi prima est veterisque novissima solis”; altrimenti è detto che dicembre è mese sacro ai Genii e ai Mani più antichi, cfr. Fastes, II, 52; III, 58.Google Scholar

143 Etymologiae, VIII, xi, 33.Google Scholar

144 Etymologiae, XIV, iii, 41.Google Scholar

145 Per “Tenero” leggasi: “Teucro.”Google Scholar

146 Etymologiae, VIII, xi, 50–52.Google Scholar

147 Leggasi: “Artaserse.”Google Scholar

148 Etymologiae, IV, iii, 1–2.Google Scholar

149 “et famosissimam Solis mensam videret in sabulo […].” Girolamo, “Ad Paulinum Presbyterum: Epistola LIII,” Epistulae I (ed. I Hilberg; CSEL 54 [Vindabonae-Lipsiae, 1910]), 445.Google Scholar

150 In Epitoma Historiarum Philippicarum, XXIV, vi, 4–10 si parla del tempio d’Apollo e delle sue ricchezze ma non si riscontrano esattamente le informazioni date da Bonsignori.Google Scholar

151 “Hunc Apollo sagittarum ictibus sternens huius quoque nomen et spolia reportavit ut Pythius vocaretur.” Etymologiae, VIII, xi, 55.Google Scholar

152 In Epigrammata, X, lxx, 7 vi è il riferimento più vicino a quanto affermato da Bonsignori.Google Scholar

153 Tebaidos, I, 305.Google Scholar

154 Etymologiae, VIII, xi, 45–49Google Scholar

155 Epistularum, I, xviii, 71.Google Scholar

156 Etymologiae, VIII, xi, 42.Google Scholar

157 Metamorphoses, I, 670.Google Scholar

158 Georgica, I, 147–175; Metamorphoses, I, 123.Google Scholar

159 Ecclus. 31: 36.Google Scholar

160 Etymologiae, VIII, xi, 44.Google Scholar

161 Il riferimento a Varrone è dedotto da Servio che nel commento a Aen. I, 52 dice: “Aeoliae, ab Aeolo rege […] poetae quidem fingunt hunc regem esse ventorum sed ut Varro dicit, rex fuit insularum […].”Google Scholar

162 Il riferimento è a Timeo 45 A, ma la citazione è tratta probabilmente dal commento di Guillaume de Conches: “Et eidem capiti innexuerunt duos circuitos id est rationem et intelligentiam — que duo qualiter in capite sedem habeant.” (Guillaume de Conches, Glosae, 234).Google Scholar